Titoli di Stato e declassamento: il risparmiatore cosa deve temere?

debito pubblico italiano

Il primo rischio declassamento per il debito pubblico italiano lo si è corso venerdì 24 aprile, ma Standard & Poor’s lasciò tutto invariato . Poi mercoledì 29 è giunta la bocciatura dell’agenzia di rating Fitch (livello BBB–), che ha giudicato quel debito a un livello di poco sopra la “spazzatura” (junk). Aldilà dei pareri tecnici, il dilemma vero che ruota attorno ai titoli di Stato e declassamento: il risparmiatore cosa deve temere? Vediamo di capirne di più.

Prezzo e rendimento: come si muovono?

Una delle prime conseguenze della decisione di Fitch è stato quello per cui il rendimento è schizzato verso l’alto. La riprova la si è avuta sul BTP decennale (scadenza agosto 2030) che ha fatto un balzo di addirittura 30 punti rispetto all’asta di fine marzo. Detta in termini di interesse, si è avuto il passaggio dall1,48% della precedente emissione di marzo all’1,78% di qualche giorno fa.

Ora, una “legge” che accomuna tutte le obbligazioni, corporate o governative che siano, attiene all’andamento tra prezzo e rendimento. Dove per prezzo s’intende il costo di mercato di un dato bond in ogni istante di contrattazione. Mentre il rendimento è l’interesse che la singola emissione riconosce al suo possessore e per tutta la durata del prestito. In sostanza quando i rendimenti salgono, i prezzi delle obbligazioni già emesse scendono. Perché? Semplice: il mercato si libera delle vecchie emissioni (le vende) per acquistare le nuove, che convengono di più.

Cosa deve temere chi detiene BTP comprati antecedentemente?

Ora è evidente che tale interrogativo scuote i milioni di possessori di titoli che lo hanno in portafoglio da mesi se non da anni. Cioè che lo hanno acquistato quando lo spread era più baso dell’attuale e quindi i corsi dei bond più alti degli attuali. Cos’è successo infatti? È molto probabile che il loro prezzo di mercato sia più basso rispetto a quello che hanno sostenuto per acquistarlo. A loro conviene vendere? Sicuramente no, perché andrebbero incontro a una perdita, la c.d. perdita in conto capitale. Ad esempio potrebbe succedere che hanno comprato a 100 e oggi se lo ritrovano a 98,5, ossia 1 centesimo e mezzo in meno. Che moltiplicato per investimenti corposi, fanno belle differenze. Hanno da temere? No. Per loro è infatti sufficiente attendere la naturale scadenza del bond e riceveranno 100, ossia lo stesso valore nominale di emissione.

E per chi avrebbe intenzione di acquistarlo adesso?

Sicuramente il discorso potrebbe essere più interessante per chi invece lo va ad acquistare oggi in cui lo spread è salito. Perché? lo spread in risalita si trascina indietro l’interesse, il quale dura per tutta la durata del prestito. Quindi, se oggi il signor Rossi acquistasse €10.000 di BTP a 10 anni all’1,78% e magari tra tot mesi lo spread rientrasse come ai tempi pre Covid-19, sicuramente il prezzo di mercato dei suoi BTP salirebbe. Anche qui il motivo è semplice: se lo spread dovesse scendere, le future emissioni offriranno molto meno dell’1,78% attuale. Cosa farebbe allora il mercato? Comprerebbe i bond ai tassi maggiori, come quelli della settimana scorsa. Ma così facendo ne alza i corsi di mercato, generando quella che in gergo va sotto il nome di guadagno in conto capitale. In questo caso, titoli di Stato e declassamento, il risparmiatore cosa deve temere? Assolutamente nulla.

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