Stato di diritto: importante anche economicamente

Recovery Fund

Se dovessimo domandarci cosa significa la locuzione Stato di diritto, probabilmente, tra diverse definizioni, dovremmo preferire quella che lo concepisce come quella forma di Stato che tutela libertà e diritti fondamentali dei cittadini.

E che, quindi, lo contrappone non solo agli Stati dittatoriali, ma anche a quelli di polizia. Ossia quegli ordinamenti che, anche se formalmente costituiti come Stati democratici, non osservano comunque taluni fondamentali diritti. O prevedono comunque eccessive forme di ingerenze dei pubblici poteri nella vita privata dei singoli.

Ma cosa ha a che vedere questo concetto con l’economia?

E perché questo tema ritorna di attualità proprio in questo periodo, a proposito del Recovery Fund?

Stato di diritto: importante anche economicamente

Uno dei motivi per cui lo Stato di diritto è importante anche economicamente, riconduce sicuramente al fatto che un’economia dinamica, capace di significativi tassi di crescita, si accompagna negli Stati occidentali al tipo di tutele che anche i diritti economici e soggettivi ricevono da uno Stato di diritto.

In assenza di tali tutele l’imprenditore e l’investitore non si sentono sufficientemente tutelati, perché potrebbe capitare di tutto. Da accuse penali infondate, relative alle loro attività, al mancato riconoscimento di diritti economici, in assenza dei quali un’azienda potrebbe anche fallire.

Garanzie, quindi, la cui assenza determina spesso un minor grado di sviluppo economico.

È quindi del tutto logico e naturale che, in fase di definizione del Recovery Plan, sia stato stabilito che solo quegli Stati che osservano i principi dello Stato di diritto possano beneficiare di quelle risorse, con una correlazione tra questione economica e politica.

Opposizione di Polonia ed Ungheria

In queste ultime ore ne è conseguita l’opposizione di Polonia ed Ungheria, espressa sia nei confronti del Recovery Plan, che del bilancio europeo.

Evidentemente due Stati che non si considerano pienamente inseriti nello Stato di diritto.

Ma, a questo punto, cosa potrebbe succedere?

Nulla è scontato a priori, e le risorse del Recovery Plan non è quindi detto che giungano nelle quantità e nei tempi previsti.

Tuttavia non occorre incollare il destino di un rilancio economico europeo alla burocrazia e, soprattutto, alle tempistiche istituzionali.

Ormai questa questione del Recovery Fund sta attraversando sentieri impervi.

E le tempistiche che ne stanno derivando potrebbero non essere idonee e rimettere in moto con sufficiente celerità il potenziale moltiplicatore delle risorse economiche previste.

Occorre soprattutto comprendere che la crisi economica si può battere se, svincolando i bilanci pubblici da rigorosi parametri di bilancio, si sarà capaci di investire massicciamente nello sviluppo economico dei paesi coinvolti dalla crisi, determinando un tasso di rilancio in grado di sostenere sia la fase di crisi, che il successivo ritorno ad una fase espansiva.

Un tasso di crescita decisamente più consistente

Ma la fase di ripresa dovrà basarsi su tassi di sviluppo decisamente più elevati di quelli pre-Covid, se vogliamo realmente risollevarci.

L’Europa ed i singoli Stati devono quindi decidere se attendere burocrazia e dibattiti su Stato di diritto e quant’altro, o decidere di agire mettendo a bilancio molte più risorse.

È vero che il PIL europeo su base trimestrale è significativamente rimbalzato, ma occorre considerare la situazione anche su base annuale ed in relazione alla necessità di sviluppi futuri.

Certamente negli USA, chiunque sarà il Presidente definitivamente confermato a livello formale, non mancheranno potenti programmi di stimoli economici. L’Europa, dal canto suo, dovrebbe seguire l’esempio e dismettere i panni di chi sa guardare solo a regole, burocrazia o timori inflazionistici.

Anche perché diversi osservatori pensano anche, a torto o ragione, che dietro queste discussioni sullo Stato di diritto, vi sia in realtà solo un tentativo di rimangiarsi gli accordi raggiunti in piena crisi pandemica.

Solo che non si avrebbe il coraggio di dire apertamente che, ora che stanno arrivando i primi vaccini, forse la generosità dimostrata è stata eccessiva, secondo taluni, e si vuol tornare all’antico rigore, memore dei timori inflazionistici della Repubblica di Weimar. Comunque sia, certamente esistono due entità che non attendono i tempi delle decisioni politiche, neppure di quelli europei. Pandemia ed economia.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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