Spread in salita: i titoli azionari da non comprare

Lo spread è in netta risalita: un aumento verticale che, al giro di boa delle 13, registrava 237 punti. Quali i titoli azionari da non comprare?

Il peso dello spread

Il differenziale di rendimento tra Bund tedeschi e Btp italiani, cresce in corrispondenza di una serie di fattori. Solitamente i mercati agitati e prospettive non rosee sulle borse, spingono di norma gli investitori verso l’acquisto di bond giudicati più sicuri come, ad esempio, quelli tedeschi. Ovviamente le banche, che solitamente in Italia hanno portafogli caratterizzati da una forte presenza di Btp, risentono della perdita di valore del bond italiano e del contemporaneo aumento sul rendimento. La dimostrazione si ha direttamente sul Btp che in questi minuti si avvicina all’1,8% sul fronte del rendimento. Per questo, solitamente, le banche sono le prime ad essere sul banco degli imputati in caso di aumento dello spread.

La differenza con questa crisi?

Semplicemente il fatto che attualmente, questa crisi, potrebbe spingere il governo italiano a dover fare i conti, letteralmente, con l’aumento dell’IVA che scatterà dal primo gennaio del 2020. Aumento dell’IVA che rientra in quelle famose clausole di salvaguardia tanto temute. Infatti le tempistiche per una crisi di governo, adesso, non permetteranno, con tutta probabilità, la presentazione di un DEF entro i termini prefissati. Risultato: aumento dell’IVA e crollo dei consumi. Quindi, guardando oltre, a correre i rischi, non nell’immediato ma nel medio periodo, potrebbero essere i titoli appartenenti al settore dei beni di consumo. Settore che risente ancora di un’economia che, in Italia, non si è ancora ripresa dalla grande crisi del 2008.

Ma volendo concentrarsi nell’immediato, è innegabile che Piazza Affari resterà nella tempesta ancora per qualche tempo (anche se la storia recente è a favore di ulteriori rialzi). Infatti le incognite sulle tempistiche sono tante quanto quelle sulle dinamiche.

Cosa accadrà adesso?

Invece delle dimissioni del premier Conte, come sperato da Salvini, la Lega dovrà istituzionalizzare la crisi. Già partita la mozione di sfiducia a Conte il quale, durante una riapertura straordinaria delle Camere, avrà o meno la fiducia del Parlamento. Qualora non l’avesse ci sono diverse strade.

Opzione 1) sarà il presidente Mattarella a dare il via al primo giro di consultazioni (all’attuale premier oppure ad uno dei due presidenti delle Camere) per un mandato esplorativo in cerca di una nuova maggioranza.

Opzione 2) Sempre Mattarella deciderà di affidare la formazione di un governo tecnico ad una terza parte che, in Parlamento, dovrà riscuotere la fiducia. Quest’ultma opzione, però, sembra già essere meno fattibile. I tempi sono stretti e questo complicherebbe ancora di più l’iter già di per sé incerto. Non bisogna dimenticare, infatti, le recenti vicissitudini affrontate da Cottarelli.

Opzione 3) Nessuna maggioranza, nessun governo, nessuna terza fiducia, quindi Elezioni con scioglimento delle Camere sempre ad opera di Mattarella. Scioglimento che avviene tra i 70 e i 45 giorni prima delle elezioni. Calendario alla mano si parla di 20 o 27 ottobre.

Approfondimento

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