Come abbiamo rimarcato più volte, lo spread tra il rendimento del btp decennale e quello del bund di pari scadenza è un benchmark ormai consolidato da tempo, per valutare il premio per il rischio sull’emittente Italia.
Il bund è infatti considerato un titolo con rischio prossimo allo zero, ed il differenziale di rendimento rappresenta quindi il maggior premio pagato da un diverso emittente.
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A fronte delle aumentate incertezze del quadro politico, dovute alla ormai quasi certezza del fallimento di una possibile intesa PD-5 stelle per la formazione del nuovo governo (come da me anticipato in precedenti analisi prima ancora dell’intervista a Renzi) lo spread è tornato a salire.
Tuttavia al momento questo non muta il quadro di fondo di un trend consolidato al ribasso sul medio termine.
Questo, infatti, lo spread rispettivamente un anno fa, un mese fa ed attuale:
1,98, 1,28, 1,219.
Se la velocità di decrescita si mantiene costante, lo spread tra un anno potrebbe attestarsi a meno di mezzo punto percentuale.
Possiamo quindi cogliere due fattori principali, nella determinazione dello spread, uno di breve, ed uno di medio/lungo termine.
Certamente, sul breve termine predominano news ed incertezze politiche, in un’ottica prevalentemente speculativa.
Viceversa, sul medio/lungo predomina la visione che i mercati hanno dei fondamentali economici.
Del resto, come noto, una delle migliori garanzie a sostegno della tenuta dei conti pubblici, è una crescita economica adeguata.
Evidentemente, i miglioramenti della situazione economica italiana, peraltro espressi anche dalla curva dei rendimenti, hanno avuto sul medio termine la meglio rispetto alle incertezze, che spesso dominano invece la scena politica. E difficilmente una situazione economica può essere stravolta da una situazione politica.
Le prospettive sono quindi, sul medio termine, per la prosecuzione della riduzione dello spread, pur a fronte di un incremento di volatilità sul breve termine, a fronte, come dicevo, delle incertezze politiche del momento.
