Spending review: a cosa potrebbe portare?

Per riuscire a migliorare il bilancio dello stato senza aumentare le tasse l’unico sistema è tagliare la spesa pubblica: la cosiddetta Spending review.

Da anni i vari governi che si sono succeduti alla guida del paese si pongono questo obbiettivo che per lo più rimane poi tale: un desiderio non realizzato.

Nel concreto  in 12 anni si sono realizzati ben pochi tagli ed è stato raggiunto soltanto il 30% degli obiettivi.

Spending review: dal 2007 tante parole e pochi fatti 2007

E’ addirittura dal 2007 che la Spending review ha assunto un ruolo centrale in ogni manovra finanziaria succedutasi.

Il primo a introdurre il concetto fu l’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa.

In realtà il primo Governo che inserì concretamente un richiamo alla revisione della spesa fu quello che vedeva Ministro Giulio Tremonti ed era a guida Berlusconi.

Tante parole e pochi fatti.

Così come da Monti a Renzi si viaggia sempre più nel mondo delle intenzioni che dei tagli concreti.

Nel 2015 venne nominato commissario alla Spending Yoram Gutgeld che restò in carica anche con l’esecutivo Gentiloni.

Questi riuscì a  realizzare risparmi per circa 30 miliardi, tutti utilizzati però a copertura di misure espansive/elettorali come il bonus degli 80 euro.

Attualmente il ruolo dei commissari addetti è scoperto in quanto, a causa di vizi di forma, le inziali nomine sono state revocate.

Ora che il Governo, nel suo complesso si intende, esce rafforzato dal voto e, fuori campagna elettorale, potrà riprendere ad occuparsi del paese, ci auguriamo che una seria Spending review venga messa in essere.

E questo, si badi bene,  prima ancora di andare a Bruxelles a reclamare meno austerity, proprio per mantenere un criterio di ordine e credibilità.

Spending review il Governo ha obbiettivi ambiziosi

E in effetti il Governo in carica ha obbiettivi molto ambiziosi in tema di taglio alla spesa pubblica.

Vale a dire tagliare circa punto percentuale dagli oltre 860 miliardi di spesa corrente attesi nel 2022.

Il nuovo ciclo di Spending review del  Governo “gialloverde” prevede di recuperare almeno 8 miliardi in tre anni.

In una progressione triennale con target a 5 miliardi per il 2021 così come evidenziato nel Def recentemente approvato.

Lo stesso documento però non si nasconde le difficoltà e lo certifica per iscritto così: «sono emersi rischi per il completo conseguimento dell’obiettivo di risparmio, a fronte dei quali le amministrazioni hanno raramente proposto interventi correttivi».

grafico spending review

(Fonte: Il Sole 24 Ore)

Dalla tabella de Il Sole 24 Ore ricaviamo i numeri della crescita della spesa e i tagli obbiettivati dal Governo.

Non c’è che dire sarà un’impresa tutt’altro che facile.

Spending review: un team ad hoc

Nel concreto sta per partire l’attività di due vice Ministri che insieme ad altri esperti di economia dei vari ministeri lavoreranno alla Spending.

Il tutto tenendo in debito conto delle direttive del ministro Giovanni Tria.

Al centro del lavoro saranno gli oltre 853 miliardi di spesa previsti per il 2018.

Dopo di che si lavorerà per frenare la folle corsa della crescita prevista per le uscite correnti negli anni successivi (+18,3 miliardi nel 2019, +18,1 nel 2020 e + 11,6 nel 2021).

In un contesto del genere e dopo oltre un decennio di sole parole o quasi anche solo raggiungere concretamente una parte degli obbiettivi fissati sarà già tanta roba.

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