Spagna e disoccupazione in calo: USA, Italia e Spagna stessa, si assume sul trend o sulle intenzioni?

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Oggi è finalmente uscito un dato molto positivo ed incoraggiante sulla disoccupazione spagnola su base mensile. Infatti a un consensus i 28.2K già molto inferiore al precedente dato di 47k ha fatto seguito una brillante uscita a 20.4k decisamente oltre ogni più rosea previsione.

Così come l’Italia dunque anche la Spagna mostra qualche segno di ripresa occupazionale.

Dagli Stati Uniti, dove sotto la presidenza Trump si è addirittura ai massimi da decenni come percentuale di occupati, all’Italia per la prima volta da tempo sotto il 10% di disoccupati e ora anche alla Spagna ci si pone un interrogativo: sono le situazioni correnti, gli interventi programmati e le riforme in arrivo compreso per Spagna e Italia l’annunciato superamento del rapporto deficit PIL imposto(o richiesto) dall’UE ovvero sono le manovre e riforme precedenti a generare questo effetto?

Restando scevri da pregiudizi a tinte politiche rimane difficile dare una risposta univoca sul tema.

Certamente buone riforme nel mondo del lavoro non sempre danno effetti immediati e quindi una componente da ascriversi al ciclo politico e di indirizzo precedente  alla fase in cui maturano dati positivi è sicuramente significativa.
E’ però altrettanto vero che l’impresa, il professionista, il commerciante o artigiano che deve assumere è molto attento al quadro che fiscale e normativo che si sta delineando, quindi una situazione corrente che dia fiducia e apra migliori aspettative sul futuro spesso è decisiva nella scelta tra fare una nuova assunzione o all’opposto stringere la cinghia e magari chiedere sacrifici e straordinari a chi già lavora.

Solo la stabilità di questi fattori per un tempo prolungato, pur con qualche naturale flessione, potrà dare la vera attribuzione di meriti a questa comunque confortante tendenza occupazionale.

La cosa che rimane importante al dunque è che solo da buoni livelli occupazionali i cicli macro-economici possono avviarsi.
In mancanza di questo elemento strutturale vengono a mancare nell’ ordine:

– prelievi fiscali sulle buste paga e contributi previdenziali

– consumi e relativo gettito fiscale

– domanda di prodotti con conseguente calo della produzione

– il calo della produzione fa venire meno l’offerta di lavoro e rende precari i posti già esistenti.

Tutti passaggi molto semplici e chiari talmente noti da pensare che , noto il problema, dovrebbe essere facile trovare la soluzione.
Nella realtà spesso così non è stato.

L’indirizzo delle risorse pubbliche in questo senso è decisivo. La politica di sostegno ai grandi gruppi finanziari si è per anni rivelata produttiva soltanto per i gruppi stessi peraltro spesso comunque costretti a ridurre drasticamente la forza lavoro.
I cittadini e le aziende, specialmente in Europa, lasciati a latere delle grandi manovre finanziarie di sostegno delle banche centrali sono rimasti avvinghiati in modo precario al ciclo economico spesso in balia di precarietà e condizioni di lavoro solo pochi anni fa inaccettabili.
Se queste tendenze di ripresa occupazionale fin qui sempre di breve e precarie dovessero consolidarsi nel prossimo futuro, vi saranno pochi dubbi riguardo a chi attribuirne i meriti.
Per ora non resta che stare a vedere…

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