Soldi sul conto corrente protetti dall’inflazione-Covid: come fare? Possibili strategie

Ogni correntista italiano, secondo le ultime indicazioni Abi, possiede sul suo conto €18.753 di giacenza media. Pari quasi a un anno di retribuzioni nette, tredicesima inclusa. Sull’altro fronte, il dato sulla disoccupazione di aprile 2020, fornito da Visco tre giorni fa. È quasi pari a zero, una “bella notizia” se letta con gli occhi dei creditori e dei percettori dei redditi da lavoro. E vista con gli occhi dei correntisti? Il quadro è in chiaroscuro. Capiamo allora il perché dei soldi sul conto corrente protetti dall’inflazione-Covid: come fare? Possibili strategie.

Primo step: l’inflazione

L’inflazione è il “vermicello” che tutti i risparmiatori sistematicamente (e spesso consciamente) ignorano. Eppure c’è poco da fare: si mangia i soldi, come le tarme con il legno, e non c’è legge che tenga. L’inflazione 2019 è stata pari allo 0.6% (era l’1,2% nel 2018), ha detto Ignazio Visco  all’audizione Banca d’Italia di 3 giorni. Che ha precisato: “l’inflazione è ulteriormente diminuita nei primi mesi del 2020, fino a risultare pressoché nulla in aprile”. Motivi: prezzo del petrolio crollato unito alla crisi economica generata dalla pandemia. E per il resto dell’anno Bankitalia si aspetta valori appena positivi “riflettendo il marcato peggioramento delle attese sulle condizioni della domanda”. Una bella notizia, quindi? Non proprio, almeno per due ragioni. La prima: vuol dire che l’economia non girerà, che ci sarà meno lavoro, meno soldi e più incertezza.

Secondo step: la liquidità è una scelta o una necessità?

Il secondo aspetto è ancora peggiore del primo, perché chiama in causa ogni singolo correntista. Ed è come se gli dicesse: “puoi permetterti il lusso di tenere i soldi parcheggiati sul conto corrente senza neppure sforzarti di guardarti intorno?” Cioè in un tempo in cui le entrate mediamente caleranno un pochino per tutti, quanto potrà ritenersi “incolpevole” la passiva detenzione del cash? Ovviamente qui si intende quella parte di contante “eccedente” lo stretto necessario di breve/brevissimo respiro.

C’è infatti un punto focale dal quale occorre partire: tenere soldi in forma liquida sul conto (postale o bancario) è anch’essa una precisa scelta. Ovvero la scelta di non investire. E se il prezzo del petrolio da qui a qualche mese riprendesse a correre? E con essa l’inflazione, che morderebbe ancor di più i risparmi? Anche alla luce dell’”andamento [futuro] delle retribuzioni contrattuali prefigura un rallentamento dei salari nel corso dell’anno” (fonte: I. Visco).

Soldi sul conto corrente protetti dall’inflazione-Covid: come fare?

L’ultimo atto consiste nel formulare proposte concrete sul come difendere i propri soldi. Ipotizziamo che dei €18.753 di giacenza media sul conto, il 40% venga mantenuto in tale forma (circa €7.500) per le evenienze di primo impatto.

Come potremmo gestire i restanti undicimila € circa?

Prima opzione. Se i dubbi circa le nostre necessità future di cash sono tante, una buona soluzione potrebbe essere quella optare per un conto deposito vincolato.  La cadenza non dovrebbe essere superiore ai 3 mesi. I migliori tassi che si spuntano sul mercato in questo momento oscillano tra lo 0,20% e lo 0,30%, circa. Tenuto conto siamo a giugno, l’operazione potrebbe ripetersi 2 volte entro il 2020, raddoppiando performance (e i costi, ovviamente). Inflazione neutralizzata.

Seconda opzione. Se si gode di un costante flusso reddituale e quindi le necessità di breve/medio sono minime, una buona soluzione potrebbe essere il BTP a 4/5 anni massimo. Facilmente negoziabile sul MOT, si riesce a spuntare un buon 1% di rendimento. Ad esempio l’ultima emissione di maggio rende l’1,4%, quindi si batte l’inflazione e si porta a casa qualcosina.

Terza opzione. Per i più lungimiranti e dotati di maggiore propensione al rischio una buona soluzione potrebbe essere quella del ricorso al PAC. Con una sola avvertenza però: in questo caso vanno invertiti i pesi, ossia almeno 65/70% cash sul conto e il 35/30% massimo in PAC. Questo perché i tempi d’attesa sono molto più lunghi (5/10 anni) e soprattutto perché gli investimenti azionari espongono a forti rischi di oscillazioni. Per cui ad essi va destinata solo una piccola parte che si reputa “in eccesso” rispetto alle attese esigenze. Sul come fare si rimanda al seguente link .

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