Si allenta la tensione sul petrolio ma resta alta l’allerta sui mercati

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Statisticamente l’ultimo giorno della settimana, sui mercati azionari, è tendenzialmente sotto tono e questo venerdì non fa eccezione. Sebbene al giro di boa delle 12 i listini europei siano tutti in territorio positivo (Piazza Affari intorno alle 12.25 registrava un +0,54%), gli operatori confermano la cautela.

Un atteggiamento più che mai d’obbligo soprattutto vista l’evoluzione, ancora estremamente incerta, del panorama internazionale. Infatti sarà proprio questo uno dei fattori da continuare a monitorare ancora molto a lungo. Se da un lato, infatti, la diplomazia e i colloqui di pace sembrano arenarsi, dall’altra gli incontri dei vari capi di Stato offrono una serie di iniziative per slegare le varie economie dal petrolio e dal gas russi. Tra queste, l’ultima in ordine di tempo, è la Germania che ha annunciato di voler dimezzare le sue importazioni di carbon fossile da Mosca e di dimezzare la sua dipendenza energetica entro l’estate. Il target di Berlino è l’indipendenza entro la fine del 2022.

Anche grazie a questi progressi, si allenta la tensione sul petrolio e il barile inizia a registrare i primi cali sulle quotazioni. Quotazioni che, però, non solo bisogna segnalare ancora a livelli molto alti ma che potrebbero addirittura continuare a crescere. Alcune previsioni parlano di un petrolio a 200 dollari al barile, una crescita che troverebbe terreno fertile soprattutto nell’aumento della richiesta. Quest’ultima, infatti, arriverebbe da tutte quelle Nazioni che per ovvi motivi sono costrette, in tempi rapidi, a rinunciare alle fonti energetiche russe. Come giustamente hanno fatto notare da JP Morgan, nel momento in cui l’Europa, tra i primi clienti di Mosca, tenta di staccarsi il prima possibile dallo scomodo fornitore, il panorama delle quotazioni internazionali di greggio potrebbe facilmente registrare un aumento dei prezzi.

Si allenta la tensione sul petrolio ma resta alta l’allerta sui mercati

In realtà, secondo gli osservatori, quello che sta accadendo a livello mondiale non sarebbe altro che l’esacerbarsi di un problema evidente anche prima dello scoppio della guerra. A questo si deve aggiungere anche un altro elemento. Ovvero l’atteggiamento tiepido da parte dell’OPEC (tra i cui membri allargati risulta anche Mosca). Senza escludere quello dell’Arabia Saudita, e per essa il gigante petrolifero Aramco. In particolare, quest’ultimo, avrebbe annunciato un aumento della produzione di 3 milioni di barili, ma solo entro il 2027. Troppo poco e in tempi troppo lunghi per risultare un fattore determinante per calmierare la probabile corsa futura del greggio.

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