Shutdown in America, ma la storia snobba la situazione

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Dal sito de La Stampa:

“Il primo anniversario della presidenza Trump è cominciato con lo “shutdown” del governo. Dalla mezzanotte di ieri le attività non essenziali dello stato sono bloccate, perché i senatori non sono riusciti ad accordarsi sui termini di una legge necessaria a finanziare l’amministrazione pubblica. La Casa Bianca e i repubblicani hanno dato la colpa ai democratici, che hanno votato contro perché il provvedimento non conteneva una misura necessaria ad evitare la deportazione di 800.000 “dreamers”, cioè gli immigrati illegali portati negli Stati Uniti dai genitori quando erano bambini. L’opposizione ha risposto che la colpa è di Trump, perché ha rinnegato un’intesa bipartisan già raggiunta per evitare la crisi, e non ha guidato i suoi compagni di partito a trovare una via d’uscita.

Ora, a partire dalla mezzanotte, le attività non essenziali dello stato hanno cominciato a bloccarsi. I militari, ad esempio, continueranno a lavorare, senza però ricevere lo stipendio. Parchi e musei dovranno chiudere, mentre circa 850.000 dipendenti pubblici riceveranno l’ordine di restare a casa. L’impatto sui servizi rischia di essere serio, così come sull’economia. ”

Il tetto del debito in Usa e il blocco delle attività amministrative.

Dal sito Wikipedia:

“Il blocco delle attività amministrative, in lingua inglese chiamato government shutdown, è la particolare procedura del sistema politico statunitense che coinvolge il settore esecutivo ogni qual volta il Congresso non riesce ad approvare la legge di rifinanziamento delle attività amministrative. Prevista dall’Antideficiency Act, la procedura prevede che, senza l’approvazione dei relativi stanziamenti, siano essi annuali o a breve termine, le attività governative non essenziali debbano essere sottoposte ad un «arresto» (shutdown) fino all’approvazione di un rifinanziamento da parte del Congresso.

Quali sono le conseguenze di una mancata approvazione?

Riportiamo in merito uno stralcio di un articolo dal sito Investing.com:

La storia fornisce dei motivi per non andare in panico.

Storicamente, i blocchi amministrativi tendono ad essere di breve durata e raramente hanno un impatto di rilievo sui titoli azionari.

Come mostra il grafico di LPL Research, l’indice S&P ha dato ritorni negativi solo metà delle volte che Washington è stato chiuso e la “tragedia” è durata al più solo 21 giorni.

 

 

Performance dell’indice S&P 500 durante i blocchi amministrativi USA

Inoltre, il ritorno medio nelle ultime 18 volte ha causato perdite di solo lo 0,6%, costituendo difficilmente un peso per i titoli azionari USA.

Effettivamente, il blocco più recente, nel 2013, ha comportato un balzo del 3,1% dell’indice S&P dal giorno in cui il governo ha chiuso fino alla riapertura.

Il periodo precedente al “giorno x” sarà sicuramente pieno sui media di “catastrofici” avvertimenti sul blocco amministrativo e gli investitori probabilmente vedranno i mercati iniziare ad adattarsi all’incertezza ed alla possibilità che i politici continuino a discutere fino all’ultimo minuto.

La preoccupazione sembra essere uno stato d’animo razionale in queste circostanze, ma la storia non fornisce prove di panico per quanto riguarda i titoli azionari USA.

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