Settimana in lieve calo a Wall Street, con la curva dei rendimenti che continua a ridurre la sua inclinazione

Wall Street

Settimana in lieve calo a Wall Street, con la curva dei rendimenti che continua a ridurre la sua inclinazione.

La scorsa settimana a Wall Street si è chiusa con valori inferiori a quelli della chiusura del venerdì precedente. L’indice S&P 500 è sceso da 4.411,79  a 4.395,26, mentre l’indice Nasdaq è passato da 14.836,99 a 14.672,68. La volatilità si è attestata su valori attorno ai 18 dollari.

Questa settimana si è visto generalmente una prevalenza del comparto ciclico rispetto ai settori growth.

Il settore Materie Prime ha messo a segno un 3,05%, Energetici 1,75%, Industriali 0,22%, Finanziari e Healthcare 0,11%, Tecnologici – 0,12%, Servizi di Telecomunicazione -1,24.

A livello mensile invece il panorama appare contrastato con le Materie Prime a 2,54%, i Tecnologici a 2,37%, Healthcare 2,07%, Servizi di Telecomunicazione 1,92%, Industriali 0,25%, Finanziari -0,94%.

Negli ultimi 12 mesi la performance per settori appare anche contrastata come segue:

Servizi di Telecomunicazione 47,24%, Industriali 44,87%, Finanziari 43,9%, Tecnologici 42,24%, Materie Prime 41,31%, Healthcare 21,17%.

Dai dati sopra riportati si nota che su un orizzonte settimanale hanno prevalso i settori ciclici ciclici (Materie Prime, Industriali e Finanziari) rispetto a quelli growth (Tecnologici, Telecomunicazioni e Healthcare), mentre a livello mensile ed annuale, la situazione appare contrastata.

Come possiamo interpretare questi sviluppi?

A nostro avviso ci sono vari fattori a livello macroeconomico che vanno considerati.

Innanzitutto le trimestrali generalmente buone ma con qualche forte delusione proprio in alcuni settori growth. Il caso più evidente ha riguardato Amazon, che a causa di risultati trimestrali deludenti ha perso diversi punti percentuali.

I rendimenti sui titoli di Stato inoltre continuano a scendere dai massimi toccati a fine marzo 2021. La curva dei rendimenti seppur inclinata positivamente, continua a ridurre la sua inclinazione. Segnaliamo anche una lievissima inversione sulla scadenza a 3 mesi che rende 0,06%, mentre quella successiva (6 mesi) rende 0,05%.

Settimana in lieve calo a Wall Street, con la curva dei rendimenti che continua a ridurre la sua inclinazione.

Questo segnale a parer nostro va contrastato subito tramite misure fiscali più incisive ed efficaci.

Anche se è ancora presto per trarre conclusioni, ma questo potrebbe indicare che gli investitori istituzionali si stanno gradualmente riposizionando su titoli di Stato con scadenze lunghe (pari o superiori ai 10 anni). Se questo trend venisse confermato nelle prossime settimane, potrebbe segnalare che gli investitori sono scettici sulla ripresa dell’economia. Il motivo di questo scetticismo potrebbe essere legato a possibili misure restrittive per arginare possibili varianti del Covid 19.

In aggiunta, dobbiamo considerare che la FED nonostante i sui sforzi, in più di un anno e mezzo di politica monetaria ultra espansiva come mai prima nella storia, non è riuscita a riportare il mercato del lavoro ad un regime di piena occupazione. Se questo venisse confermato nei prossimi mesi, si affermerebbe sempre di più la necessità di una visione più keynesiana della politica economica. In breve, ben venga la politica monetaria ultra espansiva, ma essa da sola sembra non essere sufficiente a riportare la piena occupazione. La politica monetaria quindi deve necessariamente essere accompagnata da misure fiscali più rapide, coraggiose ed incisive.

Conclusioni

Qualcuno mesi fa parlò di “economia di guerra”. L’economia di guerra però va fatta in modo intelligente ossia le risorse devono arrivare in tempi rapidi (in termini orari, anziché giornalieri o mensili). Essere “indirizzate” dove servono, usando la situazione di emergenza per eliminare la burocrazia, i vincoli di bilancio e la moneta a debito. Bene investire sui vaccini, ma è altrettanto importante dedicare le risorse virtualmente illimitate (“economia di guerra”), per potenziare terapie intensive, ospedali, medicina del territorio. Oppure per la  ricerca e la sperimentazione di farmaci per il trattamento e per le cure preventive e successive, al fine di complementare i vaccini.

Le attività che subiscono pregiudizio dalle misure restrittive andrebbero indennizzate prima di essere chiuse. In alcuni casi si dovrebbero usare gli indennizzi come incentivo a convertirle in settori più utili a fronteggiare l’emergenza sanitaria. Oppure per renderle più competitive ed efficienti non solo da un punto di vista economico ma soprattutto, energetico, sociale ed ambientale.

Inoltre si dovrebbero considerare politiche del lavoro maggiormente innovative, al fine di tornare alla piena occupazione. Bene lo smart working, ma ora bisogna fare di più con maggiori incentivi verso una effettiva redistribuzione dell’orario di lavoro tra chi è costretto a lavorare troppo e chi non ha accesso al lavoro, tramite job-sharing, co-working, ed incentivi efficaci in tale direzione.

Se invece l’ ”economia di guerra” si limita soprattutto a fare lockdown, militarizzare i Paesi, limitare gli spostamenti tra le frontiere, soffocare le attività economiche, allora la piena occupazione rischia di rimanere parte di un bel modello teorico, utile a tenere impegnati gli studenti del primo anno di Economia.

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