Sell in May and go away?

Portofino

La frase “Sell in May and go away” viene ogni anno citata dai giornali durante il mese di maggio e sta a significare che con il mese di maggio inizia il mercato orso. Per cui è meglio se gli investitori fanno liquidità e aspettano tempi migliori per comprare. Si, ma quando? Ci sono due finali diversi del modo di dire precedente. Il primo dice “but remember to come back in september”; il secondo “but buy back on St. Leger Day”, laddove “St. Leger Day” si riferisce ad una classica dell’ippica che si svolge ogni anno a settembre a Doncaster in Inghilterra. In pratica il “Sell in May and go away” implica che il mercato ha performance peggiori tra maggio e settembre rispetto agli altri mesi dell’anno. Sebbene l’origine di questo detto sia europea, il market timing che esso implica è noto anche negli Stati Uniti come “Halloween indicator”, poiché si dovrebbe entrare sul mercato il 31 ottobre e uscire il 30 aprile.
In Tabella 16 è riportato per il periodo 1929-2007 la performance dell’indice DJ separatamente per i periodi Maggio-Ottobre e Novembre-Aprile. Notiamo come a partire dagli anni ’50 la performance nel periodo Novembre-Aprile sia stata sistematicamente migliore rispetto a quella del periodo Maggio-Ottobre.

Maggio-Ottobre Novembre-Aprile
1929-1939 2,47% -4,45%
1940-1949 3,57% -0,13%
1950-1959 3,36% 9,94%
1960-1969 -1,51% 5,10%
1970-1979 -4,78% 5,72%
1980-1989 3,53% 9,71%
1990-1999 2,65% 12,57%
2000-2007 -0,93% 3,93%
Totale 1,44% 5,33%
Tabella 16 Performance media del Dow Jones separatamente per i periodo Maggio-Ottobre e Novembre-Aprile ottenuta considerando gli anni dal 1929 al 2007.

L’effetto “Sell in May” è stato oggetto di molteplici studi in quanto presenta peculiarità rispetto agli altri effetti stagionali. Nel seguito ci riferiremo ai seguenti lavori: “The Halloween Indicator, ‘Sell in May and Go Away’: Another Puzzle” di S. Bouman and B. Jacobsen del 2001 e “Seasonal, Size and Value Anomalies” di B. Jacobsen, A. Mamun and N. Visaltanachoti del 2005.

Figura 26 Performance media nei periodi maggio-ottobre (“Summer”) e novembre-aprile (“Winter”) in varie nazioni. I dati si riferiscono al per iodo 1970-1998 per gli indici MSCI. Figura presa da “The Halloween Indicator, ‘Sell in May and Go Away’: Another Puzzle” di S. Bouman and B. Jacobsen

Le caratteristiche principali dell’effetto “Sell in May” possono essere riassunte nei seguenti punti:
nel lavoro di Bouman e Jacobsen è stato effettuato un test statistico per verificare o meno l’esistenza di questo effetto. Senza entrare nel dettaglio, possiamo dire che il test è tale che se la variabile  riportata in Tabella 11 è positiva significa che l’effetto è presente. In particolare il suo valore dà un’indicazione dell’entità dell’effetto. Notiamo come tale variabile sia positiva per tutti tranne che per la Nuova Zelanda.
• a differenza degli altri effetti stagionali è presente non solo nei mercati azionari dei paesi più sviluppati, ma anche nei mercato emergenti (vedi Figura 26). In particolare, uno studio sistematico dei molteplici effetti stagionali sui mercati emergenti non mostra nessuna evidenza che essi esistano;
• non soffre della legge di Murphy. Infatti, come documentato da Dimson and Marsh (1999), a differenza delle altre anomalie non è scomparso, almeno fino ad ora, dopo che è stato scoperto dagli investitori;
la persistenza storica di questo effetto si può verificare con serie storiche molto lunghe. Ad esempio nel caso dell’UK la serie storica inizia nel 1694. I risultati sono riportati in Tabella 17, da cui si evince che, tranne che per l’Australia, l’effetto “Sell in May” è presente su tutti mercati;
• la significanza economica dell’effetto è molto elevata. A differenza degli altri, infatti, può essere utilizzato per costruire una strategia di trading che sovraperforma un semplice portafogli basato sul concetto “buy and hold”. Torneremo sulle strategie di trading nei prossimi capitoli.

Figura 27 Entità della performance media in estate, inverno e intero anno dopo aver sottratto l’effetto gennaio. Sinistra: portafogli “equally-weighted”; Destra: portafogli “value-weighted”. Figura presa da “Seasonal, Size and Value Anomalies” di B. Jacobsen, A. Mamun and N. Visaltanachoti.

Paese Data inizio serie storica 
Australia Settembre 1882 -0,066
Belgio Dicembre 1950 1,81
Canada Dicembre 1933 1,87
Francia Gennaio 1900 2,68
Germania Gennaio 1926 1,85
Italia Dicembre1924 2,66
Giappone Dicembre 1920 2,52
Olanda Dicembre 1950 1,69
Spagna Marzo 1940 3,39
UK Settembre 1694 5,22
US Gennaio 1802 1,72
Tabella 17 Stima della variabile  su serie storiche molto lunghe.

Ma quale può essere una spiegazione di un tale effetto? Dal punto di vista generale non c’è nessuna ragione per cui la performance nel periodo maggio-ottobre debba essere peggiore di quella novembre-aprile. In termini probabilistici diremmo che la probabilità è del 50% per ognuna delle due ipotesi. Per cui assumendo che i mercati siano indipendenti tra di loro, la probabilità che l’effetto “Sell in May” venga osservato in ciascuno dei 37 Paesi è uguale a 0.537 o in altri termini 0.73×10-12 (1 probabilità su 1000 miliardi)!!!

Il “data snooping” (ricerca surrettizia di un effetto nei dati) non sembra essere una spiegazione plausibile. Sullivan, Timmermann e White (1998) hanno effettuato uno studio sistematico degli effetti stagionali per verificare se il loro manifestarsi fosse dovuto ad una distorsione indotta dal cercare un effetto e hanno mostrato che non c’è una loro significativa evidenza. Fa eccezione l’effetto “Sell in May”, mentre per l’effetto gennaio valgono le considerazioni discusse nel relativo capitolo.

Un’altra possibile spiegazione potrebbe essere legata al rischio. Cioè nel periodo novembre-aprile il rischio, inteso come ampiezza delle fluttuazioni dei mercati azionari (deviazione standard della distribuzione delle performance). Lo studio sui 37 mercati mostra che il rischio più alto è nel periodo maggio-ottobre cui è associata una performance peggiore. Per cui neanche questa è una spiegazione plausibile.

L’effetto potrebbe essere l’artefatto dell’effetto gennaio. Anche in questo caso non c’è nessuna evidenza che sia questo il caso (vedi Figura 27). I due effetti sono scorrelati. Inoltre, è stato verificato che anche escludendo il crash dell’ottobre 1987 il risultato non cambia.

Un’altra ipotesi potrebbe essere che la differenza in performance tra i due periodi sia dovuta o a una variazione dei tassi d’interesse o ad una variazione dei volumi di trading. Sebbene non ci sia nessuna evidenza statisticamente significativa che l’effetto sia dovuto a questa ipotesi, va detto che i volumi tendono ad essere più elevati nel periodo novembre-aprile.

Potrebbe essere allora legato alla performance di qualche settore dell’economia? Anche in questo caso la risposta è negativa. Indipendentemente dal Paese, quando l’effetto “Sell in May” si manifesta è comune a tutti i settori dell’economia.

Per concludere diciamo che sebbene la logica di un mercato finanziario non preveda un effetto del genere, la storia ci dice il contrario. Per cui non c’è ancora una spiegazione plausibile dell’effetto “Sell in May”.


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