Recovery Fund, una riforma mascherata?

Recovery Fund

Cosa nasconde il Recovery Fund?

Quali meccanismi economici sottende?

Ieri le linee guida del Recovery Fund prospettate dalla commissione europea.

Ed oggi ci domandiamo: Recovery Fund, una riforma mascherata?

Ci riferiamo, in particolare, alla componente delle elargizioni a fondo perduto, quei fondi che non si devono restituire.

Sotto altra forma, non rivestono forse la stessa funziona di una banca centrale, che stampi denaro di diretta proprietà statale, e che quindi non necessiti neppure di correlata emissione di debito da parte del paese che ne usufruisce?

I meccanismi monetari

Per meglio comprendere la questione, collegata alla ipotesi del Recovery Fund, di cui per altro verso abbiamo trattato qui, occorre considerare che, per evitare possibili tensioni inflazionistiche, si è deciso a suo tempo in Europa di non finanziare più la spesa pubblica tramite una banca centrale, che sottoscriva a tassi ridotti il debito pubblico, ma facendolo sottoscrivere direttamente dal mercato. Asse portante dei meccanismi economici nell’ambito dell’eurozona.

Il mercato, però, impone i suoi tassi.

Le conseguenze sono note. Indebitamento che lievita e che non si riesce a contenere, nonostante reiterati avanzi primari.

L’Italia da molti anni consegue peraltro questo tipo di avanzi, cioè la differenza tra entrate ed uscite annuali è positivo.

Ma il debito resta, proprio in quanto collegato ai tassi pagati al mercato.

I possibili correttivi

Il possibile correttivo a tale situazione sarebbe appunto quello di stampare denaro di proprietà statale, o quanto meno collegato ad emissione di titoli con basso tasso d’interesse, sottoscritti da una banca centrale.

I possibili problemi inflazionistici, collegati in Europa soprattutto al timore tedesco per un ritorno alla situazione della repubblica di Weimar, non hanno ragion d’essere. Certi fenomeni richiedono particolari contesti, per svilupparsi.

E, senza indugiare in eccessivi tecnicismi, basti dire che sarebbe sufficiente far convogliare il denaro stampato soprattutto nella creazione di beni e servizi, cioè nello sviluppo economico, per evitare particolari tensioni inflazionistiche.

L’UE ha invece storicamente preferito imboccare l’altra strada, quella del debito e della lotta all’inflazione, con tutto quello che ne consegue proprio in materia di sviluppo del debito.

L’UE forse si sta svegliando?

Tuttavia, proprio i recenti sviluppi economici conseguenti al Covid 19, stanno forse destando l’UE da uno storico pregiudizio.

Sinora, diciamolo francamente, l’Italia, unitamente ad altri paesi, in ambito europeo veniva additato come paese spendaccione, e causa, per questo, del suo debito.

Ma nell’ultimo numero di un report economico pubblicato periodicamente, l’analisi svolta dall’UE mette invece in evidenza che il debito potrebbe svilupparsi in diversi paesi.

Forse, l’UE si sta accorgendo che qualcosa non va nei suoi tradizionali meccanismi di politica monetaria, e che sono in primis questi la causa del proliferare del debito pubblico?

Riprova ne sarebbe appunto il meccanismo delle elargizioni a fondo perduto.

Qualcosa che, alla base, tenta di superare i tradizionali meccanismi di creazione di base monetaria, utilizzati nell’ambito dell’eurozona.

Non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro

Ma un auspicio possiamo ugualmente formularlo.

Se qualcosa di positivo, dalla situazione di crisi economica conseguente al coronavirus, dovesse svilupparsi, a mio avviso dovrebbe ricondurre soprattutto ad una nuova consapevolezza dei meccanismi di politica monetaria sinora utilizzati.

Ed il Recovery Fund, con le sue risorse a fondo perduto, dovrebbe rappresentare non solo qualcosa di provvisorio, ma un punto di passaggio verso una riforma definitiva di certi meccanismi.

L’euro venga mantenuto, ma si ripristini quanto meno il ruolo fondamentale della banca centrale, quale prestatore di ultima istanza.

Non è, infatti, la dimensione del debito il problema, ma la sua gestione.

Con un Debito/PIL di gran lunga superiore a quello italiano, il Giappone non ha problemi di sostenibilità del debito pubblico, unitamente ad una inflazione contenuta. Proprio a seguito di meccanismi di monetizzazione del debito.

Probabilmente in seno all’UE si sta determinando una frattura

Anche paesi tradizionalmente contrari alla monetizzazione del debito, in primis la Germania, stanno forse imparando la lezione. Merkel e Von der Leyen sono tedesche.

Qualche altro paese, invece, forse non ha ancora imparato certe lezioni economiche.

Sì, sto pensando proprio al quartetto Austria, Finlandia, Olanda, Danimarca.

L’occasione per una riforma strutturale, e non per meri aggiustamenti anticiclici, ci viene offerta proprio dalla situazione attuale. Vedremo sino a che punto l’UE sarà capace di coglierla.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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