Queste città perderanno più posti di lavoro per colpa del Covid

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Vediamo perchè queste città perderanno più posti di lavoro per colpa del Covid.

Da mesi, infatti, si redigono stime sulla possibile caduta del PIL 2020 in Italia. Sarà –9% o –10% o peggio ancora –11%?  Nessuno di questi numeri è confortante e rende la situazione molto complicata. Il crollo del PIL significa che tanta gente che si ritroverà a spasso da qui a breve.

In quest’articolo, con l’aiuto della Redazione di ProiezionidiBorsa cerchiamo, dunque, di capire perchè, verosimilmente, queste città perderanno più posti di lavoro per colpa del Covid. Procediamo nell’analisi.

Il rapporto Cerved

È di pochi giorni fa uno studio realizzato dal Cerved, per conto dell’ANCI, in cui si mette a fuoco la situazione di 93 città capoluogo di provincia e le aree di riferimento.

L’analisi è abbastanza elaborata in quanto passa al setaccio la dinamica di 1.600 settori produttivi su una platea di 730.000 PMI. Numeri enormi che rendono le conclusioni alquanto interessanti.

Come detto, un PIL in picchiata si traduce in un novero di città più flagellate dalle altre. E ciò a causa della maggiore disoccupazione. Specie laddove quel tessuto imprenditoriale locale denota uno sbilanciamento verso un settore economico-produttivo più sensibile agli effetti del Covid.

Che vuol dire? Significa che la domanda di ogni singola industria (quella tessile, meccanica, edilizia, etc) sarà più o meno sensibile, a seconda della sua maggiore o minore correlazione alla congiuntura economica.

In questi casi se, ad esempio, si ritrovasse con i fatturati calanti, il taglio occupazionale sarebbe quasi inevitabile. È dato dal fatto che alla lunga le aziende reagiscono adeguando la loro struttura operativa alla nuova e ridotta domanda di mercato.

Le città meno legate ai settori ciclici

Dunque, le aree dove il Covid farà meno danni saranno quelle in cui vi è una forte presenza di imprese operanti nei settori anticiclici. Vale a dire, ad esempio, imprese legate all’universo agroalimentare o del settore farmaceutico, meno dipendenti dai danni da pandemia.

Ora, quali sono le città dove si registra il maggior peso di PMI operanti in questi settori sul totale delle imprese? La classifica vede sul podio Latina (37,8%, farmaceutico e alimentare), Imperia (30,3%, settore food) ed Enna (26,8%, agroalimentare).

A seguire troviamo Nuoro (26,1%), Parma (23,5%), Benevento (22,9%), Brindisi (22,8%), Matera (21,3%), Perugia (21%) e Trapani (20,9%).

Aree in cui sono preponderanti le industrie cicliche

Di contro, patiranno le maggiori sofferenze quelle città le cui anime produttive sono più sbilanciate verso i settori ciclici. Si tratta di quei settori che vanno forte quando l’economia tira, mentre soffrono più degli altri quando il ciclo economico è discendente, come avviene attualmente.

Questa volta sul podio delle aree a maggiore presenza di PMI cicliche troviamo Potenza (56,5%), Chieti (56%) e Campobasso (54,7%). A seguire, invece, ci sono Biella (55,7%), Prato (53%), Massa Carrara (52,9%), Frosinone (48,5%), Brescia (48%), Modena (47,4%), Terni (46,3%).

Le città dove la perdita dei posti di lavoro si farà sentire di più

Il citato rapporto, oltre a mettere in evidenza la vocazione industriale delle 93 città analizzate, ne stima anche le possibili ricadute negative sul fatturato. Quest’ultimo dato, tuttavia, è in funzione di più parametri messi assieme.

In ultimo, il rapporto presenta l’elenco delle città dove il totale in percentuale degli addetti nei settori economici ad alto impatto Covid è maggiore che altrove.

Troviamo Brescia (43,1%), Bergamo (37,8%), Vicenza (39,1%), Verona (34,8%), Padova (32%). Ma anche Modena (40,3%), Monza e Brianza (28,2%), Salerno (36,5%), Reggio Emilia (40%) e Parma (23,9%).

Secondo tali proiezioni, verosimilmente, queste città perderanno più posti di lavoro per colpa del Covid in quanto hanno più industrie di natura ciclica. In ogni caso, seguiremo da vicino l’evolversi della situazione in tale ambito.

In quest’altro articolo, invece, scopriremo un settore economico in cui, sin da subito, i giovani neoassunti guadagnano tra i 1.500 e i 2.000 euro.

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