Quel ponte su Genova

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A cura di Gian Piero Turletti

Il drammatico crollo del ponte Morandi su Genova, mi induce a varie riflessioni, sia di ordine filosofico-esistenziale, che economico.

Ho attraversato diverse volte quel ponte, pur non essendo io ligure, ma molti genovesi erano obbligati a percorrerlo quasi tutti i giorni.

Praticamente tutte le volte che attraversavo quel tratto di autostrada, anche in prossimità del ponte, ero impressionato dalla vicinanza alle abitazioni, per certi tratti a latere, per altri nella zona sottostante.

E mi domandavo, intanto, se non fosse stato particolarmente avventato consentire questa limitata distanza.

Basta una disattenzione, mi ero detto, ed uno entra con il proprio mezzo dentro quelle abitazioni.

Tutte le volte, poi, c’erano lavori di vario tipo. Segno di attenzione e necessaria manutenzione, o che qualcosa già non andava e si doveva quindi provvedere?

La tragedia del ponte induce a riflettere sopratutto sulla circostanza che spesso, troppo spesso, siamo portati a ritenere di avere un controllo su diversi aspetti della nostra esistenza, che è invece mera illusione.

Un infortunio, una circostanza esterna, da noi né desiderata, né controllata, una distrazione di un guidatore con un carico pericoloso, un’infrastruttura che dovrebbe “tenere” ed invece non è sicura, e tac!

Tutto cade, innanzi tutto per chi direttamente coinvolto.

Pensiamo a quegli attimi di terrore, di sbigottimento, e poi alle morti.

Ma pensiamo anche ai risvolti economici che, pur nel rispetto delle vittime, non possono mancare su queste pagine.

Già nella religione cattolica, il ponte è simbolo di costruzione, di ampliamento degli orizzonti, e basti dire che il termine pontifex, infatti, significa costruttore di ponti.

Ma, mentre ancora sono validi e sicuri ponti costruiti dagli antichi romani (da cui anche il termine pontifex), evidentemente non possiamo dire lo stesso dei ponti costruiti in età moderna.

Questo pone un serio problema alla futura logistica italiana, intesa come disciplina dell’immagazzinamento e del trasporto delle merci, e non solo in relazione a Genova, ma in generale.

Se, infatti, i tragitti autostradali sono considerati d’ora in poi a rischio, si pone il problema di percorsi alternativi, che impattano quanto meno sui tempi.

Cosa comporta evitare tragitti autostradali?

Quanto al ponte, collegava la Liguria di ponente e quella di levante con Genova, ed in particolare la zona portuale con la rete autostradale.

Snodo di traffico civile e commerciale di primaria importanza, sia in arrivo che in partenza.

Anche solo molti trasporti di merci avevano in Genova la propria destinazione, perché poi dal porto, tramite il ponte, ci si collegava alla rete autostradale per altre destinazioni, ed ovviamente dicasi lo stesso nella direzione opposta.

I trasporti che partivano da nordverso il porto di Genova e viceversa, per giungere poi ad altre destinazioni, trovavano in quel tragitto una via naturale di sbocco.

Ora, necessariamente, o dovranno essere dirottati verso l’Aurelia, con conseguente intasamento di una via non certo ottimale, anzi molto spesso dalle dimensioni troppo limitate, anche per il normale traffico non commerciale, per poi eventualmente proseguire lungo tragitti senza autostrade, se non ci si fida più della tenuta della rete autostradale, con tutto ciò che tale scelta comporta, soprattutto in termini di tempistiche.

Oppure il porto di Genova verrà tagliato fuori da parte dei percorsi commerciali sinora seguiti, per prediligere, invece, scelte logistiche alternative.

Vedremo quali scelte verranno prese dalle aziende interessate sinora a percorsi coinvolgenti Genova, ma anche cosa succederà in merito all’accertamento di eventuali responsabilità.

 

 

 

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