Quanto varrà la laurea nella nuova riforma sui concorsi pubblici?

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Ebbene, il turnover e le decine di concorsi pubblici messi a bando, avvicinano l’attenzione verso questa materia. I concorsi, nelle loro modalità di svolgimento subiranno delle rilevanti modifiche. Infatti, alle prove preselettive classiche, verranno sostituite delle selezioni basate su titoli ed esperienza.

Ebbene, nella riforma voluta dal Ministro Brunetta, la laurea diventerà la grande protagonista. Infatti, finora poco o per nulla rilevante ai fini della collocazione lavorativa successiva, diventerà per i futuro di gran peso. Allora, ci chiederemo: “quanto varrà la laurea nella nuova riforma sui concorsi pubblici?”. Per il Ministro, occorre rivalutare i percorsi formativi. Sicché, la laurea sarà non più e solo elemento discriminante ma farà punteggio nei concorsi pubblici.

Quanto varrà la laurea nella nuova riforma sui concorsi pubblici?

Ebbene, la laurea, unitamente, all’esperienza professionale la faranno da padrone nelle selezioni pubbliche. Porteranno, infatti, al punteggio finale che servirà per l’aggiudicazione dei posti di lavoro pubblici.

Ma il valore di questo titolo in termini numerici? Sarà pari al massimo di un terzo del punteggio complessivo accreditabile.

Di conseguenza, il titolo universitario conterà non soltanto per poter accedere al concorso ma anche per ottenere un punteggio più alto.

Infatti, come preannunciato, la riforma ha previsto la sostituzione delle prove preselettive con la valutazione dei titoli universitari e dell’esperienza professionale maturata.

Le ragioni della riforma

Le ragioni della riforma sono da ricondurre alla necessità di reclutare figure professionali qualificate ed idonee ai ruoli da assegnare. Questa sarebbe la ragione fondante della riforma voluta dal Ministro.

Inoltre, le indicate credenziali rappresenterebbero un modo per spingere i giovani a credere nei valori dello studio e dell’impegno. Insomma, per Brunetta la conquista del posto di lavoro non può essere “un terno a lotto” ma deve essere anche la sintesi di un percorso formativo e di un impegno pregresso.

Meritocrazia alle porte? Si spera di sì, evidentemente. Ma, questo servirà a sorpassare i tanto amati “raccomandati”? Oppure andrà a finire che gli stessi si precostituiranno i titoli giusti per bypassare la selezione e “farla franca” anche questa volta? “Ai posteri l’ardua sentenza”…

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