Quanto costa realmente la benzina senza accise?

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Quanto costa realmente la benzina senza accise? Preparatevi ad uno shock. Perché, se non ve lo siete mai chiesto, stiamo per rivelarvi il vero costo della benzina. E del diesel, altra sostanza molto usata come carburante in Italia. Siete pronti? Continuate a leggere.

Solo una parte del costo di benzina e diesel è legato alla loro produzione industriale. Il resto sono tasse. Di varia natura. Tra cui anche le tanto odiate dai consumatori (giustamente) accise. In pratica, il prezzo di benzina e diesel si compone essenzialmente di tre parti. Il costo netto del combustibile, che include anche il guadagno del gestore, le accise e l’IVA. Già, perché c’è anche l’IVA, tassa trasversale, non scordatevelo. In definitiva, ogni volta che acquistiamo un litro di benzina o di diesel, solo una parte è il costo vero. Il resto sono tasse, di più tipi. E IVA sulle medesime. Tra queste, le accise sono quella quota che si deve allo Stato come imposta sui consumi.

E veniamo quindi al costo di benzina e diesel. Ed al peso di tasse e balzelli. Orbene, queste pesano per il 64% sul prezzo della benzina, e per il 61% su quello del diesel. Capito bene? Circa due terzi del prezzo di questi indispensabili prodotti non è il costo netto della loro produzione. Ma solo tasse che lo Stato si prende. Ivando il tutto, badate bene. Quindi, tassa sulla tassa. In pratica, il prezzo della benzina è solo il 27% del costo della medesima per il consumatore. E il 29% per il diesel. Solo su questo segmento agiscono le quotazioni internazionali e l’effetto del cambio euro/dollaro. Perché il petrolio, da cui si ricava la benzina, viene pagato in dollari. Ve lo ricordate, vero?

Quanto costa realmente la benzina senza accise?

Dove può intervenire l’operatore, in tutta questa catena? Solo sul margine lordo. Che è pari solo al 9% per la benzina ed al 10% per il diesel. Che sarebbe la differenza tra il prezzo di vendita al netto delle tasse e il costo della materia prima. E che serve a remunerare tutti i restanti passaggi della filiera. Ah, e non scordiamoci le addizionali regionali. Già, perché dal 1999 un decreto legislativo consente alle regioni di apporre una loro accisa autonoma sulla benzina.

Volete conoscerle, infine, queste poco simpatiche accise? Volete sapere per cosa, ancora oggi, paghiamo denaro che non serve più a quello per cui era stato programmato? E che è diventato una pioggia di denaro strutturale grazie alla legge di stabilità del 2013?  Eccole. Però prima una precisazione. L’accisa per la guerra d’Etiopia del 1935-36 non esiste più. Quella è stata abolita. Peccato ne rimangano ancora altre 18. Che fanno riferimento alle situazioni più disparate. Dalla crisi di Suez del 1956 (la più vecchia), al disastro del Vajont del 1963 e all’alluvione di Firenze del 1966. Paghiamo ancora le accise per 4 terremoti (Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Aquila 2009).

L’ultima accisa è del 2014, con il decreto “Fare” del governo Letta. E se quella del bonus cultura del 2011 può essere tollerata, quelle per la guerra del Libano del 1982 e della guerra di Bosnia del 1995 appaiono ben poco credibili.

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