Quanto altro reggerà il mercato immobiliare non residenziale?

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Il mercato immobiliare è per sua natura caratterizzato da andamenti lenti, sia di prezzo che di domanda e offerta. Ma essere lenti non significa essere fermi. In quest’articolo prendiamo in esame il mercato degli immobili uso-ufficio e ne analizziamo la dinamica di mercato, ad oggi per nulla incoraggiante. Al punto che chiedersi quanto altro reggerà il mercato immobiliare non residenziale, non è affatto pretestuoso. Procediamo con ordine.

I primi verdetti

Le prime stime, che evidenziavano il trend in picchiata del settore, erano già emerse quest’estate. A luglio scorso, l’amministratore delegato di Nomisma aveva messo in evidenza come il mercato del non residenziale di piccole dimensioni era praticamente sparito. Non che prima del Covid godesse di buona salute, ma tant’è: il virus ha dato il colpo di grazia.

Questo è stato più avvertito nella media città di provincia e a danno delle sedi non centrali. I casi si sprecano. Si pensi ad un istituto scolastico privato che magari ha razionalizzato le sue sedi. Idem per i gruppi assicurativi con più filiali in città, che avranno pensato di accorpare il riferimento in un’unica sede e proseguire in buona parte in remoto. Ma può essere anche il caso dei piccoli call center, che possono trovare più economico e sicuro far lavorare il personale da casa. E mantenere in piedi giusto una piccola sede-rappresentanza di riferimento.

Lo studio di Barclays

Un’altra autorevole conferma di questo trend negativo del non residenziale, è giunta dal recentissimo lavoro di Barclays. Partendo dalla considerazione di come lo smart working diventerà sempre più una prassi, almeno su base part-time settimanale, si chiede che fine faranno i grandi uffici. Ed ha stimato un crollo della domanda di questi spazi che oscilla dal –10 al –30%, rispetto agli attuali volumi. Un saldo finale che varierà in funzione alla struttura lavorativa (solo da remoto o solo in sede?) che le aziende sceglieranno. Oppure in relazione al numero dei giorni in cui si lavorerà da casa e quella in sede.

Si tratta di una contrazione consistente, che non potrà non ripercuotersi sui prezzi degli affitti. Il mercato si scoprirà infatti “abbondante” di tale tipologia di asset, per cui gli affittuari avranno più potere contrattuale. Per non parlare poi delle stesse valutazioni degli immobili, destinate ovviamente a ridimensionarsi. Del resto, se la domanda cala vistosamente che motivo c’è di attribuire più valore agli stabili nati con questa destinazione d’uso? Questo trend recente non è escluso che in futuro si ripercuoti anche sui fondi immobiliari. I gestori real estate hanno spesso simili immobili in portafoglio, per cui sarà interessante osservare come si muoveranno nel prossimo futuro. Ridimensioneranno le loro esposizioni al riguardo o saranno resilienti all’attuale fase congiunturale?

Quanto altro reggerà il mercato immobiliare non residenziale

Il futuro è incerto e si prospetta cadente, come, in autunno, le foglie dagli alberi. La crisi economica in corso è destinata a protrarsi, quindi molte aziende taglieranno, giustamente, i costi non produttivi. Sarà dunque il caso degli affitti di quei locali non utilizzati, o che comunque risultino sovradimensionati rispetto alle reali esigenze.

La rimodulazione degli affitti, per chi detiene la proprietà di questi immobili, potrebbe rappresentare una soluzione. Limare le pigioni oggi per conservare il cliente anche domani, non sarebbe poi una pessima idea.

Certo, se dietro a quegli immobili ci dovessero essere anche dei mutui in corso, il problema allora si sposterebbe più a monte della filiera.

Ad ogni modo, una possibile (o inevitabile?) sforbiciata alla propria redditività non sarebbe da escludere a priori.

Per gli immobili d’impresa, il futuro resta comunque alquanto incerto e tutto da scoprire.

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