Quando si può dichiarare fallimento

Quando si può dichiarare fallimento

Quando un’azienda può procedere alla dichiarazione di fallimento? Quale procedimento è necessario seguire perché una ditta o una Srl avvii una procedura fallimentare tramite istanza? Affinché un’azienda possa avviare la procedura fallimentare occorre che siano presenti alcuni presupposti imprescindibili. L’Art. 1 della Legge fallimentare parla chiaro e definisce le condizioni in cui possa aver luogo il fallimento. Una delle prime condizioni riguarda proprio la tipologia di azienda. Difatti, possono dichiarare fallimento soltanto le imprese private, individuali o societarie, che esercitano un’attività commerciale. Alla dichiarazione di fallimento seguono delle conseguenze per i dipendenti e per i creditori, oltre che per l’azienda, che è bene conoscere.

Cos’è e chi può chiedere il fallimento di un’azienda

Il fallimento è un istituto disciplinato dal Regio Decreto n. 267 del 1942. Esso descrive una procedura liquidatoria con dei presupposti soggettivi ed oggettivi ben definiti. Essa prende avvio in seguito ad una sentenza del tribunale in ragione della quale si dichiara fallita l’impresa. Questo si traduce nella dichiarazione di impossibilità di pagare i debiti con i creditori che l’azienda ha contratto. Attraverso il fallimento, è possibile fare in modo che l’azienda assolva al debito con i creditori attraverso la liquidazione, ossia la vendita dei beni personali e aziendali. Tra i soggetti legittimati a richiedere il fallimento troviamo:

  • L’imprenditore insolvente, ossia il debitore;
  • I creditori, ossia tutti coloro che dimostrano di avere un credito insoluto da parte del debitore;
  • Il Pubblico Ministero nel caso in cui l’impresa che dichiara fallimento sia coinvolta in un procedimento penale.

Come detto sin dall’inizio, perché si possa dichiarare un fallimento è necessario che siano presenti alcuni requisiti quali:

  • Il presupposto soggettivo: possono dichiarare fallimento solo le imprese private che esercitano una attività commerciale. Tra queste non rientrano le imprese non commerciali, le piccole imprese come ad esempio quelle agricole, né gli enti pubblici.
  • Il presupposto oggettivo: riguarda nei fatti lo stato di insolvenza. Col presupposto oggettivo si dimostra che l’imprenditore è impossibilitato ad onorare i pagamenti dovuti ai propri creditori.
  • Limiti dimensionali: tra questi rientrano l’attivo patrimoniale, i ricavi lordi e l’ammontare dei debiti. Questi tre criteri devono essere soddisfatti per alcuni particolari indici se si intende dichiarare il fallimento.

Le fasi della procedura e le prossime modifiche alla legge

La procedura di fallimento avviene secondo le seguenti fasi:

  • un giudice avvia l’iter procedurale dietro richiesta degli interessati;
  • si accertano le cause dello scioglimento della società;
  • i soci fissano una liquidazione volontaria;
  • si procede ad estinguere il passivo e a realizzare l’attivo;
  • si cancella l’impresa dal registro delle imprese.

È possibile che nel breve volger di tempo alcuni aspetti della riforma sul fallimento vengano ulteriormente modificati in ragione dei nuovi provvedimenti. Il 14 febbraio 2019, in Gazzetta Ufficiale, è stato presentato il d.lgs. 14/2019, contenente una riforma sulla legge fallimentare del 1942. La riforma entrerà in vigore a partire dal prossimo 14 agosto 2020. Gli aspetti più salienti delle modifiche riguarderanno. L’abolizione del termine “fallimento” con l’uso dell’espressione “liquidazione giudiziale”. L’introduzione di una fase di allerta e prevenzione della liquidazione giudiziale. Il rafforzamento del concordato preventivo in continuità a discapito del concordato liquidatorio. In ultima istanza, verranno apportate delle modifiche al diritto societario.

Consigliati per te