Quando le vendite piramidali sono via web. Lo stop della Cassazione

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Un focus per capire quando le vendite piramidali sono via web. Lo stop della Cassazione. Il web è, senza ombra di dubbio, un mezzo che facilita tante operazioni e di cui, oggi come oggi, non si potrebbe più fare a meno. Ma è pur vero che la rete può contribuire anche alla diffusione di condotte illegittime. Peraltro attribuire dei confini al mondo del web può costituire un problema di non facile soluzione. Una determinazione geografica che però risulta fondamentale quando si è chiamati ad individuare il luogo di commissione di un fatto criminoso.

Una sensibilità questa che è stata richiesta alla Corte di Cassazione nel caso che si andrà ad approfondire. La situazione finita all’attenzione degli “ermellini” riguardava per l’appunto un sistema di vendita tramite catene Sant’Antonio e siti web. Vediamo quindi, più nello specifico, di mettere a fuoco quando le vendite piramidali sono via web. Lo stop della Cassazione.

Quando i siti web realizzano vendite piramidali

Il caso che ha portato la Cassazione ad un’importante e significativa pronuncia del 30 maggio 2012, può così essere circostanziato. Attraverso dei siti web appositamente predisposti, i partecipanti al sistema non svolgevano alcuna attività di vendita, né di promozione di vendita di beni o servizi. L’unico beneficio economico dei partecipanti al sistema si sostanziava infatti in proporzione dei reclutamenti di nuovi aderenti alla catena. Insomma una sorta di “Venghino signori, venghino” tipica di alcuni strilloni di strada.

Un reclutamento in conseguenza del quale i siti web, nel caso di specie, avrebbero attivato dei meccanismi premiali. Premi peraltro solo eventuali. Per cui, il sistema, in tale caso, prevedeva l’erogazione iniziale di una somma di denaro, a titolo di pagamento per l’iscrizione al sistema. Prestazione alla quale avrebbe fatto seguito una controprestazione solo ed esclusivamente a seguito del reclutamento di nuovi soggetti aderenti al sistema a piramide.

I rilievi della Suprema Corte

Una successione di fatti e condotte che i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto d’incasellare all’interno di un apposito articolo di legge. Vale a dire l’art. 5 comma 1 della Legge 173 del 17 Agosto 2005 rubricata appunto come “Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali”. A nulla poi sono valsi i tentativi di difesa della parte imputata in merito all’adesione volontaria al sistema da parte dei soggetti coinvolti. La norma summenzionata non fa infatti menzione alcuna dell’elemento volontaristico dell’adesione.

Per cui, i realizzatori della catena piramidale via web si sono visti dare torto dai giudici della Cassazione senza se e senza ma. Una pronuncia questa che, a detta di chi si trova frequentemente a dibattersi con controversie del genere, potrebbe costituire un importante precedente. Si tocca infatti un ambito particolarmente delicato, qual è appunto l’intersezione tra il sistema di vendita piramidale e la rete web.

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