Quando il pescivendolo non ci vende il pesce fresco come millantato, oppure espone informazioni non veritiere sui prodotti, come deve fare il consumatore a far valere le sue ragioni?

pescivendolo

La donna di casa è gravata da una serie di responsabilità, quale quella di scegliere le pietanze, cucinare, gestire, in generale, le faccende domestiche. Il buon fine di tutte le attività, tuttavia, non è sempre garantito. E ciò considerato che sulla stessa ricadono anche tutte le difficoltà connesse al rapporto con i commercianti per l’acquisto dei beni di prima necessità.

Di talché, qualche volta può accadere che la medesima sia preda delle scorrette pratiche commerciali e dei raggiri da parte dei negozianti che sono sulla piazza e che la riforniscono di pesce, carne, frutta ecc.

Per questi prodotti, essendo consumabili e fungibili, risulta non sempre agevole provare che il prodotto non corrispondeva a quello promesso, millantato e le cui caratteristiche erano state rappresentate dal commerciante. Ciò in quanto, il più delle volte, esso viene cucinato. E solo in seguito si capisce che non era di buona qualità come millantato.

In proposito, dunque, cerchiamo di capire quali tutele l’ordinamento riconosce alla consumatrice di detti beni di prima necessità. Ad esempio, ci chiederemo: “quando il pescivendolo non ci vende il pesce fresco come millantato, oppure espone informazioni non veritiere sui prodotti, come deve fare il consumatore a far valere le sue ragioni?”.

Sul punto, occorre chiarire che se il consumatore davvero si impunta sulla questione, il commerciante non avrà vita facile. Vediamo perchè…

In particolare, il venditore può essere denunciato per frode in commercio ex art. 515 del codice penale, allorquando, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegni all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita. Per detto comportamento è prevista una pena della reclusione fino a 2 anni o la multa fino a 2.065 euro.

Conseguenze per il commerciante e tutele per il consumatore

Alla stregua di quanto descritto, dunque, se il commerciante, ad esempio, espone all’interno del banco di vendita al dettaglio un prodotto ittico decongelato, senza che ne venga indicato lo stato fisico e la reale provenienza, può incorrere nell’indicato reato.

Allo stesso modo accade se lo stesso etichetta come pescati in mare prodotti che hanno una diversa provenienza. Ponendo così in essere una sleale e inadeguata informazione.

Quindi, in altri termini, se il pescivendolo millanta come tonno a pinne gialle e gamberi argentini prodotti che, invece, hanno una diversa provenienza, lucrando anche su detta scorretta informazione, è passibile del reato di frode in commercio.

In più, il consumatore, per farsi rappresentare e ottenere il risarcimento del danno, potrà rivolgersi a una delle associazioni di categoria presenti sul territorio nazionale.

Ancora, in merito ricorre una competenza dell’Antitrust, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Essa, infatti, ha il potere di comminare sanzioni in questo settore, in caso di pratiche commerciali scorrette ai danni dei consumatori.

Sicché, l’Antitrust può intervenire anche in via cautelare (comminando sanzioni fino a 5 milioni di euro) nei casi in cui un’impresa tenta di “falsare le scelte economiche del consumatore, omettendo informazioni rilevanti, diffondendo informazioni non veritiere o addirittura ricorrendo a forme di indebito condizionamento”.

Decreto Legge n. 1 del 2021

Inoltre, come previsto dal Decreto Legge n. 1 del 2021, c.d. “Cresci-Italia”, “questo potere dell’Autorità si estende anche nei confronti delle piccole imprese, cioè quelle che esercitano un’attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e che realizzano un fatturato non superiore ai 2 milioni di euro all’anno.”

Inoltre, l’Antitrust può accertare la vessatorietà di clausole contrattuali inserite nei contratti con i consumatori, anche in via preventiva. Tra le tante competenze, poi, la stessa può accertare e bloccare, di propria iniziativa, o su segnalazione dei soggetti interessati, le pratiche commerciali scorrette. Nonché le pubblicità ingannevoli e comparative illecite. Ai segnalanti non sono richieste particolari formalità. Ma vediamo nel dettaglio.

Come segnalare una pratica commerciale scorretta?

Nel rispondere al quesito: “quando il pescivendolo non ci vende il pesce fresco come millantato, oppure espone informazioni non veritiere sui prodotti, come deve fare il consumatore a far valere le sue ragioni?”, vediamo come i consumatori possono segnalare una pratica commerciale scorretta o una pubblicità ingannevole.

I metodi sono i seguenti:

  • tramite posta ordinaria, inviando la segnalazione a “Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Piazza Giuseppe Verdi 6/A – 00198 Roma”;
  • inviando la segnalazione scritta all’indirizzo PEC protocollo.agcm@pec.agcm.it;
  • inviando online il modulo compilato, utilizzando il seguente link.

È bene precisare, inoltre, che per fare in modo che la segnalazione sia proficua e che consenta all’Autorità di poter intervenite, occorre che essa sia il più possibile precisa e fornita dei dettagli del caso, sia nella descrizione dei fatti che di eventuali documenti (scontrini, foto, messaggi, ecc.).

In tal modo, l’Autorità avrà la possibilità di agire a tutela dei consumatori. Espletando le molteplici funzioni assegnatele dalla legge. Tra cui garantire il rispetto dei diritti prescritti dal codice del consumo.

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