Quando i concorrenti in ambito lavorativo diventano sleali secondo la legge

concorrenza, imitazione

Un focus per inquadrare quando i concorrenti in ambito lavorativo  diventano sleali secondo la legge

Il regime di concorrenza, si sa, è garanzia di qualità per i consumatori. La concorrenza, purché leale, incoraggia infatti lo spirito imprenditoriale e l’efficienza in genere, incrementa le possibilità di scelta dei consumatori e contribuisce ad abbassare i prezzi. Ma che significa tutto questo? Che in regime di concorrenza, chiunque può agire come vuole in una sorta di Far West, dove vige il principio “mors tua vita mea”? Assolutamente no e la riprova è data dalle espresse previsioni di legge in materia di concorrenza sleale. Vediamo dunque quando i concorrenti in ambito lavorativo diventano sleali secondo la legge.

La concorrenza sleale

Trattandosi di un argomento di prim’ordine, specie in ambito delle cosiddette opere dell’ingegno, vale a dire delle opere creative, il legislatore ha dedicato al tema della concorrenza sleale vari articoli di legge.  Per cui, compie atti di concorrenza sleale, secondo l’art. 2598 Cod.Civ. chi tiene uno dei seguenti comportamenti:

a) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri;

b) imita servilmente i prodotti di un concorrente o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente;

c) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, e/o si appropri di pregi dei prodotti altrui;

d) si avvale, direttamente o indirettamente, di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale.

Imitazione servile

Come si può ben vedere, la casistica è molto amplia e dettagliata, in considerazione anche dei forti interessi in gioco. Tralasciando, per ora, il primo caso che attiene più da vicino alla materia dei marchi e dei segni distintivi, passiamo a considerare il secondo, che va sotto il nome d’imitazione servile. Ricorre una situazione del genere, quando qualcuno imita in modo pedante le orme di un concorrente. Come si fa a riconoscere una situazione del genere? Per dirla in gergo giuridico, l’imitazione deve essere  servile, vale a dire tale da riprodurre, in buona sostanza, l’opera del primo autore.

Quindi non basterà, ad esempio, in un testo scritto adottare dei sinonimi o mettere, in qua e in là, qualche “fiorellino”, lasciando immutato il nocciolo del discorso. Per evitare quindi di essere messi all’indice come imitatori servili o, nella peggiore delle ipotesi, come “parassiti” recidivi, (si confronti il nostro articolo sulla concorrenza parassitaria) si dovrà fare uno “sforzo”.  Quale? Rielaborare l’opera al punto che non sia più percepibile alcun agganciamento con l’opera del concorrente. Se non si fa questo, parafrasando Franco Califano “tutto il resto è noia”.

I danni legati all’imitazione servile

Tra le conseguenze più macroscopiche legate ai casi d’imitazione servile c’è la chiara confusione che si genera sul mercato con conseguente storno / sottrazione di clientela. Va da sé che se Tizio esce sul mercato con un’opera denominata “Rosa” per il settore del make up e subito dopo il concorrente Caio lo imita con un’opera simile intitolata “rosaa” il rischio di associazione visivo, fonetico e terminologico  è altissimo. E questa evenienza è proprio ciò che il legislatore non vuole e condanna in modo sempre più marcato.

Quindi tutti coloro che operano nei settori della creazione intellettuale, devono prestare molta attenzione a cosa fanno i concorrenti che operano nello stesso settore. E’ noto che vengono imitate le belle idee e le belle cose, ma l’imitazione è sempre di molto peggiorativa dell’opera prima.

Opere dell’ingegno

Date queste premesse, chi copia commette un furto bello e buono delle idee altrui. Non a caso esiste  un vero e proprio codice di diritto industriale. Quindi meglio sensibilizzarsi sul fatto che compie un furto tanto il ladro che s’introduce in casa per sottrarre un quadro, quanto il concorrente che, bel bello, senza alcuna fatica, fa proprie le idee altrui.  Il mezzo materiale con cui le idee vengono veicolate non rileva granchè. Per cui che si tratti di un’opera scritta, musicata, un modello di design, un know how, l’autore è sempre uno e uno solo, salvo i rari casi di lavori ideati in team.

Quindi chi imita servilmente l’altrui opera e se ne attribuisce pure la paternità, viola il diritto d’autore e provoca danni economici. Ecco quando i concorrenti in ambito lavorativo diventano sleali secondo la legge.

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