Quando ci fanno pagare costi elevati sui fondi comuni di investimento e non ce ne accorgiamo

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Quando ci fanno pagare costi elevati sui fondi comuni di investimento e non ce ne accorgiamo. Tutti quanti sappiamo che gli strumenti finanziari hanno un costo. Che d’altronde è giusto, di per sé. Nessun servizio è gratis. E gli strumenti finanziari non fanno eccezione. Poi ci sono strumenti che hanno costi superiori alla media, purtroppo. Ed i fondi di investimento, in questa categoria, spiccano in negativo. Nel senso che sono tra i prodotti più cari. E lo sono a causa di costi a volte palesi, a volte nascosti. Come la fantomatiche commissioni di performance. Ossia quei costi accessori caricati sull’investitore ogni volta che il fondo performa particolarmente bene.

C’è subito da specificare che queste commissioni, di per sé, non sono sbagliate. Incentivano il gestore a fare meglio. Più realizza per il cliente, più incassa. Ed entrambi ci guadagnano. Ma è veramente così? Si tratta veramente di una win-win situation, dove ci guadagnano sempre entrambi? No, ovviamente. Perché se sembra troppo bello per essere vero, ovviamente, non è vero. Non ci credete? Continuate a leggere e scoprirete che purtroppo, abbiamo ragione noi.

Quando ci fanno pagare costi elevati sui fondi comuni di investimento e non ce ne accorgiamo

Le commissioni di performance sono uno strumento asimmetrico, purtroppo. Quando va tutto bene, guadagnano sia il gestore che il risparmiatore. Quando non va bene, perde solo il secondo. E questa cosa può indurre il gestore ad assumere posizioni troppo aggressive proprio nella logica del tentativo di performare di più per incassare le ambite performance sui fondi. Tanto, se le cose vanno male, il gestore non ci rimette niente. E se fosse solo questo, pur essendo già intrinsecamente sbagliato, non sarebbe un danno eccessivo. Il problema è che i gestori applicano queste commissioni sui fondi in maniera furbesca, come sempre.

La chiave per capire il perché di quest’ultima affermazione si chiama high watermark. In pratica significa che l’investitore non paga le commissioni di performance fino a che non si verifica una condizione. Condizione che può essere duplice. In un caso è fino a quando il valore del fondo non superi il massimo mai raggiunto in precedenza. Ed in questo caso si parla di high watermark assoluto. Oppure fino a quando non superi la massima differenza rispetto al parametro di riferimento (benchmark) mai raggiunta in precedenza. E questo è l’high watermark relativo.

La presenza di un high watermark tutela l’investitore. La sua assenza no. Indovinate cosa succede in massima parte in Italia? Ovviamente la non tutela. Questo perché gli strumenti finanziari di diritto italiano impongono l’high watermark. Quelli di diritto irlandese, che sono la quasi totalità, no. Non è una cosa piacevole, vero?

Perché non è conveniente per chi investe?

Perché senza di esso, tutte le volte che il fondo batte il benchmark, mensilmente, si porta a casa la commissione di performance. Anche se non ha mai battuto il proprio record storico. Gli basta fare meglio dell’indice di riferimento. Anche se l’anno finisce in pari. O addirittura negativo. In questo modo il gestore si porta a casa comunque le commissioni di performance. E quindi recupera almeno parzialmente eventuali perdite. Mentre l’investitore, in capo all’anno, si potrebbe portare a casa una performance negativa.

Capito? E fondi che applichino questa metodologia ce ne sono a bizzeffe. Informatevi bene, molto bene, ma davvero molto bene, prima di sottoscriverne uno.

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