Quali sono i reati che il giudice può commettere nell’esercizio delle proprie funzioni?

aula giudice

Ultimamente, i fatti di cronaca, ci dovrebbero indurre a ritenere che una riforma della magistratura va fatta immediatamente.

Un critico statunitense, di fama internazionale, sul punto, ebbe a dire che l’Italia non potrà mai progredire anche a causa della esagerata corruzione e dello strapotere dei giudici.

In realtà, l’intervento sulla magistratura non dovrebbe riguardare questioni di merito, come la prescrizione o la riduzione dei tempi. Ma, prioritariamente, la riforma del sistema.

Naturalmente, lo strapotere dei giudici si riflette anche sull’adozione di provvedimenti a tempo indeterminato. Ossia senza un termine di legge a cui attenersi.

Ma soffermiamoci sulla questione relativa alla necessità, in primis, di una riforma sistemica. Si tratta, infatti, di un sistema (quello giurisdizionale) in cui non esistono tutele né per i cittadini né per gli avvocati, contro abusi, corruzioni, parzialità dei giudici.

Basti pensare che siamo tra i pochi Paesi in Europa in cui la categoria versa in una sorta di autoreferenzialità totale. E questo perchè non esiste una legge seria sulla responsabilità civile dei magistrati. E nemmeno esiste una legge che regoli la responsabilità penale degli stessi.

Più specificamente, con riguardo a quest’ultima questione, nel nostro ordinamento, non sussiste una disciplina specifica che riguardi i reati che possono essere commessi dai magistrati nell’esercizio delle proprie funzioni, applicandosi ad essi le fattispecie che, in generale, riguardano i pubblici ufficiali.

Quindi, alla domanda: “quali sono i reati che il giudice può commettere nell’esercizio delle proprie funzioni?”, rispondiamo, rinviando ai “reati dei pubblici ufficiali”.

Ebbene, non dovrebbe essere così in quanto gli oneri dovrebbero essere proporzionati agli onori. E se la funzione magistratuale rappresenta espressione di potere autonomo, retto da un organismo indipendente, di conseguenza, anche i reati che essi commettono dovrebbero essere reputati più gravi. Il tutto in un’ottica di proporzionalità.

Ciò chiarito, passiamo ad annoverare i tipi di reati a cui vanno incontro i magistrati, sulla scorta dei chiarimenti operati fin qui.

Reati cui va incontro il magistrato come pubblico ufficiale

A questo punto, diamo atto, qui di seguito, di quali sono i reati che il giudice può commettere nell’esercizio delle proprie funzioni.

Si è detto che sono gli stessi che sono stati pensati con riferimento alla figura del pubblico ufficiale in genere.

Corruzione in atti giudiziari

Si tratta, quindi, del reato di corruzione in atti giudiziari, regolato dall’art. 319-ter c.p. Con detta norma, si punisce il giudice che “riceva indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetti la promessa, al fine di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, attraverso l’omissione o il ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero compiendo un atto contrario ai doveri d’ufficio, anche se tale atto in sé e per sé non è illegittimo”.

Questa disciplina, ovviamente, si applicherà anche ai giudici onorari, e quindi a soggetti che non sono magistrati, pur operando all’interno del sistema giudiziario.

Abuso d’ufficio

Altro reato che si applica ai magistrati come pubblici ufficiali è l’abuso d’ufficio ex art. 323 c.p. Esso si può configurare quando il magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, procuri, intenzionalmente, a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale.

In questo caso, la giurisprudenza della Cassazione ha specificato che affinché ricorra la fattispecie penale in commento, debba sussistere la doppia ingiustizia. Per essa si intende quella relativa alla condotta. Che deve essere posta in essere in violazione di legge. Nonché quella relativa al vantaggio patrimoniale.

Ne deriva che, ai fini dell’accertamento del reato de quo, occorre una duplice distinta valutazione, non potendosi far discendere l’ingiusto vantaggio dall’illegittimità della condotta.

Rifiuto di atti d’ufficio

Il terzo e ultimo reato, che si può configurare in capo ai magistrati, è il rifiuto di atti d’ufficio. Esso ricorre allorquando il giudice rifiuti indebitamente un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia, sicurezza e ordine pubblico, igiene e sanità, debba essere compiuto senza ritardo, art. 328 c.p. È punibile, altresì, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro, il giudice che, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, non compia l’atto del suo ufficio e non risponda per esporre le ragioni del ritardo (2° comma).

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