Quali sono i casi in cui si può impugnare la cartella esattoriale?

cartella

Le cartelle esattoriali dell’Equitalia, rendono la vita difficile a tutti. Tuttavia, si deve sapere che ci sono delle situazioni nelle quali la pretesa del Fisco può essere rimessa al mittente. Perché, ci chiederemo? Semplicemente, perchè, talvolta, la cartella esattoriale presenta dei vizi che ci consentono di contestarla.

Senonché, in quest’articolo, ci chiederemo quando si può impugnare la cartella esattoriale. Naturalmente, molti vizi, possono essere rilevati da un avvocato, specializzato in materia. Tuttavia, qui daremo delle indicazioni per capire, ad occhio, se la cartella presenta vizi di nullità o annullabilità, che ne consentono l’impugnazione.

In assenza di motivi di contestazione, dovremo pagare. Pertanto, è bene soffermarsi, con attenzione, sugli aspetti che qui indicheremo.

Anzitutto, la cartella deve contenere l’indicazione della data in cui è stato contratto il debito. Infatti, se il credito dell’ente avente diritto è caduto in prescrizione, esso non può più essere azionato.

In particolare, però, il termine varia a seconda del tipo di credito di cui si pretende il pagamento. In proposito, vediamo quali sono i termini di prescrizione, a seconda del tipo di imposta o sanzione dovuta.

Sul punto, occorre distinguere:

1) una prescrizione di 10 anni per il pagamento di: IVA, IRPEF, IRAP, IRES, bollo, registro, canone Rai, diritti Camera di Commercio;

2) una prescrizione di 5 anni per: IMU, TASI, TARI, TOSAP, contributi INPS o INAIL, violazioni Codice della Strada, altre sanzioni amministrative;

3) una prescrizione di 3 anni per il bollo auto.

Rispetto a questi termini, naturalmente, è bene precisare che ogni sollecito di pagamento interrompe la prescrizione e il termine inizia a decorrere da capo.

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Altri motivi di contestazione

Ma, a parte, l’ipotesi della prescrizione, si ci chiede: “quali sono i casi in cui si può impugnare la cartella esattoriale?” Ebbene, un secondo elemento da verificare riguarda la data di iscrizione a ruolo del debito.

Esso, non deve superare i 3 anni rispetto alla data di notifica della cartella. Diversamente, si potrà far valere la decadenza del diritto di credito e quindi l’annullamento della cartella.

Inoltre, altro fattore di contestazione, può riguardare gli importi indicati in cartella. Nella stessa, infatti, devono essere indicati, in maniera analitica: l’importo dell’imposta dovuta, quello delle sanzioni e quello degli interessi.

Non a caso, la Cassazione ha chiarito che quando gli importi non sono specificati, essi non sono dovuti. Ciò in quanto il contribuente deve essere messo nella condizione di sapere quale sia il loro ammontare preciso e quale sia il criterio di calcolo adottato.

Inoltre, la cartella è nulla se non è riportato il nome e il cognome del responsabile del procedimento amministrativo, cui è affidata la procedura.

Infine, sul piano procedurale, rileva, anche, l’indirizzo di notifica della cartella. Infatti, se essa perviene ad un indirizzo diverso e il contribuente non ne ha notizia, successivamente, può impugnare la cartella. In tal caso, però, non avendone avuto notizia, impugnerà l’atto successivo che gli sia stato correttamente notificato, oppure potrà chiedere un estratto di ruolo.

In quest’ultima ipotesi, impugnerà l’estratto, deducendo di non aver mai ricevuto la notifica delle cartelle in esso contenute, proprio a causa dell’errato indirizzo di spedizione.

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