Quale è la situazione delle banche italiane: c’è da preoccuparsi?

Banche Italiane

Quale è la situazione delle banche italiane? C’è da preoccuparsi? Soprattutto dopo i giudizi recentemente emessi da Standard & Poor’s e Fitch? Non buona, ma neanche così cattiva come poteva essere. Riassumiamo. Standard & Poor’s ha lasciato invariato il rating dell’Italia a BBB, mantenendo l’outlook negativo. La decisione, molto attesa dai mercati e dal Tesoro, lascia dunque il giudizio sull’Italia due gradini al di sopra del territorio speculativo (“junk”, spazzatura). Fitch Ratings ha invece declassato l’Italia a ‘BBB-‘ da ‘BBB’. L’outlook è anche qui è stato mantenuto identico, cioè stabile. Tralasciamo le motivazioni che abbiano portato a queste scelte, che sono arcinote. Concentriamoci su cosa voglia dire questo per gli istituti di credito nostrani. E, magari, anche per i loro titoli azionari quotati a Piazza Affari. Quale è la situazione delle banche italiane? C’è da preoccuparsi?

Sì nel complesso, no nello specifico. E spieghiamo. La situazione delle banche italiane non è il massimo per una serie di fattori. Tra questi, si riscontra una presenza ancora eccessiva di 1) debito italiano, costituito da troppi Btp 2) crediti deteriorati, i famosi NPL. Il lockdown ha portato ad una paralisi pressoché completa dell’attività economica. Sono rimaste aperte solo le aziende legate alla sussistenza.

Troppo poche, per un tessuto industriale fatto di oltre 5 milioni di PMI, prevalentemente artigianali e commerciali. A cui le banche sono gli istituti che concedono credito. E questo credito, secondo diversi studi considerati attendibili, potrebbe non essere ripagato anche dal 40% delle aziende. Questa, infatti, è la percentuale che si ritiene, nello scenario più negativo, possa rappresentare quante aziende abbiano serie possibilità di fallimento a causa della loro chiusura forzata. E’ evidente che la domanda che ci siamo fatti abbia i suoi perché.

Quale è la situazione delle banche italiane? C’è da preoccuparsi?

I giudizi di S&P e Fitch dicono che i problemi italiani perdurano. I downgrade riflettono il significativo impatto della pandemia globale sull’economia italiana e sulla posizione fiscale del Paese. Gli acquisti netti di attività della BCE faciliteranno la sostanziale risposta fiscale dell’Italia alla pandemia. Al contempo, faciliteranno i rischi di rifinanziamento, mantenendo i costi di finanziamento a livelli molto bassi, almeno nel breve termine. Tuttavia, la pressione al ribasso sui rating potrebbe riprendere se il governo non attua una credibile strategia di crescita economica e fiscale. Strategia che aumenti la fiducia nel fatto che il debito pubblico/PIL sarà posto su un sentiero di discesa nel tempo.

Le banche sono le istituzioni che concedono denaro alle imprese. Se le imprese falliscono, le banche vanno in crisi. Il mancato pagamento di mutui, affitti, locazioni, qualunque forma di impegno di una impresa con una banca, grava sui conti di quest’ultima. E’ chiaro che un’economia che si ferma si porterà dietro dei problemi, alla ripartenza. Come visto, i giudizi delle agenzie di rating sono dovuti (anche) a questo.

Ma come sono messi, in definitiva, i titoli azionari degli istituti di credito italiani? Il migliore è senza dubbio Finecobank (MIL:FBK), che dall’inizio della crisi ad oggi ha perso solo l’11,90%, e recuperato due terzi di quanto aveva perso col crollo. Sono messi molto peggio gli altri grandi istituti di credito italiani. I ribassi attuali vanno ancora dal 42% di Ubi Banca al 55% di Banco BPM. Un minimo di riflessione ci dice come questi crolli riflettano quello che il mercato crede sia il valore implicito dei vari titoli azionari. E’ quindi vero che Banco BPM è a sconto rispetto a Finecobank. Ma è anche vero che il mercato ritiene che questa banca, al momento, valga parecchio meno dell’altra. Fate attenzione, quindi, a dove investite, ed a come investite in questi titoli.

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