Proiezioni econometriche tra curve dei rendimenti ed indici azionari

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A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Ritorno oggi sul delicato tema della curva dei rendimenti e delle relative proiezioni economiche, dopo la decisione di ieri della Fed.

Come sapete, neppure nel board della Fed tutti hanno la stessa opinione, essendoci economisti di scuole diverse.

Personalmente, devo però dire che non credo sia molto importante la discussione su quante volte un indicatore economico, o di altro tipo, abbia colto nel segno o meno, perché anche l’indicatore che non sbaglia mai, non è detto che non lo faccia in futuro.

Se il tema fosse questo, allora occorrerebbe domandarsi quale sia l’indicatore che non sbaglierà mai, in futuro, ma la risposta a tale quesito resta, forse, solo nella mente di qualche veggente.

Piuttosto è rilevante osservare la statistica di un indicatore e, come abbiamo visto già in altri esempi, molte volte, su mercati molto diversificati tra loro, la curva dei rendimenti ha colto nel segno.

Ma, come tutti gli indicatori, occorre saperla interpretare correttamente.

Di seguito alcuni esempi: partiamo proprio dagli USA.

La curva, si afferma, anticipa economia e mercati con una certa tempistica, ma questa dipende anche dalla velocità con cui si inverte o continua la propria tendenza.

Se invertisse rapidamente la propria inclinazione, sarebbe segno di un improvviso deterioramento della situazione, e quindi sarebbero ravvicinate anche le dinamiche dei mercati.

Già l’anno scorso la curva aveva non invertito, ma indicato un rallentamento significativo, e quindi, cosa ha fatto l’indice azionario USA per eccellenza, lo S&P 500? (considero tale indice perché paniere rappresentativo di un maggior numero di titoli rispetto al Dow Jones).

Ha continuato nel proprio trend, conformemente alla curva, ma del tutto analogamente, ha realizzato una performance decisamente inferiore, ad oggi circa la metà di quella dello scorso anno.

Ieri in particolare, ho quindi avuto modo di soffermare la mia attenzione sullo studio della situazione giapponese e di quella britannica, due situazioni per certi versi simmetriche.

Mentre la curva nipponica presenta un tratto piatto, ormai da molto tempo, sino alle scadenze di medio termine, per poi salire, quella britannica è invece rialzista, e solo le scadenze più lontane sono connotate negativamente, cioè con inclinazione ribassista,dai 20 anni in avanti.

Qual’ è il significato di tali curve?

La curva nipponica è nel suo complesso rialzista, ma indica praticamente un tratto di economia piatta sino alla scadenza quinquennale, e la borsa giapponese, o meglio l’indice Nikkei 225, cosa ha fatto?

In sintesi, l’ha replicata.

Infatti, andando a ritroso nel tempo, notiamo un tratto laterale/riaccumulativo ricompreso tra 2007 e 2013 (5 anni, guarda caso) e poi ecco che le quotazioni fuoriescono al rialzo, una sorta di riproduzione delle indicazioni.

Quanto alla borsa britannica, invece, la curva dei rendimenti, come detto, non proietta una vera e propria negatività, se non su scadenze lontane, quindi non ha proiettato nessuna recessione, al più un tratto lateralizzante a breve.

Ma anche qui, andiamo a vedere cosa è successo al PIL britannico:

troviamo un tasso in decrescita, che ha raggiunto il suo apice nel 2014.

Pertanto una situazione ormai stagnante, visto che tassi di crescita in velocità decrescente rappresentano appunto quella situazione lateralizzante, come appunto quella descritta dalla curva dei rendimenti.

Ossia, non in decrescita, ma con aumento in contrazione, esattamente come da curva.

Questi 3 esempi, già dimostrano che pur con tempistiche diverse, la curva ha rappresentato pur sempre un buon indicatore economico (a questo punto, a mio avviso, anche su Gran Bretagna e Giappone), ma come sempre, e soprattutto come per indicatori di questo tipo, va considerata, per chi intende usarla sui mercati finanziari, unitamente ad altri indicatori.

Aggiungiamo un’altra indicazione, che pare importante: il Qe americano ha sicuramente agevolato crescita degli utili e tenuta dei mercati, ed ha probabilmente impresso un grado moderato nel rallentamento della curva.

Di qui è possibile che il mercato azionario scenda anche questo con tempistiche di un certo tipo, ma non necessariamente, è questo il punto nodale.

Ricordiamo che, nonostante la situazione di moderato rallentamento e non ancora inversione ad inizio anno, proprio nel mese di gennaio la borsa americana ha improvvisamente ceduto. Il che significa che quando un semaforo diviene giallo, potrebbe bastare poco per innervosire drammaticamente in mercati.

Quindi il segnale va inteso come un alert, un semaforo giallo, che qualcosa potrebbe succedere.

Poi, per una più attenta tempistica, occorre avere conferme dagli indicatori, tradizionali o meno, di analisi tecnica.

Concludo con un esempio proprio sulla nostra situazione: nonostante un certo scetticismo, la curva italiana, qualche tempo fa, aveva dato indicazioni di ripresa oltre certi paesi europei, ed anche la borsa sovraperformò altri indici.

 

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