Procedura di infrazione: chi applica la sanzione?

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Ieri è arrivato un primo sì alla procedura d’infrazione contro l’Italia, da parte dei competenti organi tecnici dei ministeri economici dei Paesi membri dell’UE.

Ma quali sono meccanismi tecnici, noti e meno noti, di tale procedura?

E quali i metodi, tra il lecito ed il meno lecito, con cui alcuni Paesi probabilmente stampano soldi senza neppure correlata emissione di Titoli di Stato?

La procedura d’infrazione ora prevede una articolata dialettica tra il Paese membro e l’UE.

Alla fine, se le spiegazioni fornite non saranno condivise, gli organi politici, cioè i Commissari europei, potranno effettivamente decidere un sì definitivo alla procedura d’infrazione.

Ma vi siete mai domandati: e se l’Italia poi comunque non pagasse?

E se l’Italia continuasse a non ottemperare a prescrizioni europee e neppure pagasse le sanzioni?

A quel punto, nessuno effettivamente dice come la famosa sanzione dovrebbe “divenire” di efficacia esecutiva.

Qui entriamo nel tema del diritto internazionale, spesso troppo poco conosciuto.

Talora anche per Parlamentari europei e neocommissari, che devono chiedere lumi esplicatori a tecnici e funzionari.

Basti effettivamente dire che  non è prevista alcuna autorità sovranazionale dotata del potere giuridico di applicarle esecutivamente.

Nessuna autorità giurisdizionale europea, quale potrebbe essere la Corte di giustizia, ha infatti una tale autorità.

Procedura di infrazione contro l’Italia: chi dovrebbe applicare la sanzione?

A quel punto, effettivamente l’UE, al massimo, potrebbe rivolgersi alle autorità italiane, come un qualsiasi creditore straniero che chieda il riconoscimento di una sentenza straniera nei confronti di un debitore soggetto alla giurisdizione italiana.

Ma qui le cose potrebbero deludere tutti coloro che ritengono così cogenti le decisioni europee.

Sulla stampa se ne parla come di conseguenze obbligatorie, vincolanti ed inevitabili di una eventuale condanna in sede europea.

Non è così.

Un giudice italiano, cui eventualmente le autorità europee domandassero di entrare in possesso della somma vantata a credito a titolo di sanzione, potrebbe sollevare il rpincipio di incostituzionalità.

Anzi, o  dichiarare probabilmente una propria incompetenza, o addirittura dichiarare non dotate di efficacia esecutiva le misure adottate.

Come se una sanzione fosse prevista dall’ordinamento vigente, ma poi non fosse prevista alcuna procedura esecutiva.

Procedura di infrazione contro l’Italia: l’esempio della Grecia

L’esempio della Grecia insegna.

Ad esempio, nulla in realtà poteva imporre alla Grecia determinate politiche.

Se la Grecia le ha accettate, non è perchè altrimenti costretta a pagare sanzioni, ma è perché altrimenti non avrebbe avuto accesso a finanziamenti disposti da enti internazionali, tutto qui.

E’ sufficiente analizzare i trattati europei, per accertare che, in realtà, non è previsto un procedimento di natura esecutiva, nel caso un Paese decida di non pagare una sanzione.

Ed anche qualora fosse in futuro previsto, ovviamente tale sanzione dovrebbe necessariamente passare da autorità collaboranti del Paese sanzionato, ad esempio a livello giudiziario, che potrebbero a loro volta trovare dei cavilli.

Come dicevo sopra, dichiarando la propria incompetenza, o affermando un contrasto con il diritto nazionale, affermando che questo costituisce una fonte giuridica gerarchicamente superiore al diritto internazionale.

Al più, alcuni giuristi potrebbero pensare all’art. 7 del trattato sul funzionamento UE, che prevede un voto che decida la sospensione di determinati diritti, ad esempio del diritto di voto.

E comunque, anche in caso di riforma, il tutto passerebbe dalla necessaria collaborazione con le autorità italiane.

Ma in un processo di questo tipo, probabilmente un giudice potrebbe anche sollevare, ed anche d’ufficio, financo questioni di costituzionalità, come minimo il processo sarebbe sospeso per un paio d’anni, e chissà, la consulta potrebbe decretare l’incostituzionalità di norme che disponessero l’efficacia vincolante di sanzioni europee.

Insomma, un nulla di fatto.

Ma allora, perché tutto questo timore per la procedura d’infrazione?

Procedura di infrazione contro l’Italia: il giudizio dei mercati

Il vero problema non è la procedura in se stessa, ma il giudizio dei mercati.

Il problema giunge se il debito in scadenza non viene sottoscritto, e questo rimanda al giudizio dei mercati, che potrebbero essere influenzati dal giudizio UE.

Per inciso, per chi avesse il dubbio ulteriore sulla possibilità che l’UE possa defenestrare un proprio Stato membro, la risposta è semplice.

Anche questa volta no, questo meccanismo non è previsto.

E’ un po’ come se i vigili dessero una multa, senza che nulla sia consentito se il trasgressore non la paga.

Sarà additato dagli altri, nessuno gli farà più credito, ma nessuno può costringerlo a pagarla, quella multa.

In certo qual modo, a questo tema si ricollega il problema della creazione di denaro nei sistemi economici.

Procedura di infrazione contro l’Italia: creazione di denaro

In tal senso, è ovvio che una Banca centrale di un Paese membro dell’UE non potrebbe, ad esempio, stampare in proprio denaro (discorso diverso per le monete metalliche), perché è competenza della BCE.

Ovviamente, invece Paesi dotati di sovranità monetaria, come il Giappone, gli USA ed altri ancora, potrebbero anche decidere di stampare denaro senza correlata emissione di debito, se il loro ordinamento giuridico lo consente.

E talora anche se non lo consente.

Infatti, non dovendo in tal modo violare le prerogative di una Banca centrale sovranazionale, se stampano denaro, non creano denaro con un duplicato e emissione di codici di banconote che dovrebbero essere considerate false.

Il loro problema si riduce a: possono o non possono stampare denaro senza acquisto di titoli del debito pubblico?

Andando ad esaminare lo stato della questione, ad esempio per USA e Giappone, in realtà si confrontano tesi diverse.

Non è così pacifico, a quanto pare, né che sia vietato, né che sia permesso.

Alcuni analisti ritengono che vi sia stata creazione di moneta in diversi sistemi economici (USA, Giappone e Svizzera soprattutto) senza correlata emissione ed acquisto di titoli del debito.

Si tratta di una possibile soluzione di politica economica, che da tempo il sottoscritto condivide, peraltro realizzata con una particolare accortezza.

Il rischio di particolari dinamiche inflattive, legato alla creazione di nuova base monetaria, a ben vedere non è collegato, in quanto tale, alla nuova moneta, ma alla comunicazione del relativo dato.

Procedura di infrazione e creazione di moneta

Se il sistema economico crea nuova moneta, ad esempio per ripagare il pregresso debito, senza comunicazioni di un dato ufficiale, a differenza delle operazioni relative alla compravendita dei titoli del debito, è difficile che possa ingenerarsi una particolare spirale inflazionistica.

A quanto pare, almeno stando alle elaborazioni contabili di alcuni autori, è quanto già sarebbe successo soprattutto negli USA, in Giappone ed in Svizzera.

Se si volesse formalizzare il sistema, come da sempre sostengo, sarebbe però opportuno ufficializzarlo, ponendo alcuni paletti.

Ad esempio limitando l’emissione di nuova moneta in relazione al circolante già presente, la famosa M1, o considerando l’aggregato M1 + M2, in modo da contenere eventuali, eccessive, pressioni dell’esecutivo, e mantenere il sistema in equilibrio tra esigenze contabili e dinamiche economiche.

Come vediamo, le soluzioni esistono e probabilmente alcuni Paesi già le hanno messe in atto, ovviamente non palesandole.

Quanto all’Italia, e alla questione delle sanzioni ci sono spazi per gestire le cose con una certa flessibilità,

Unica incognita riconduce alle possibili applicazioni dell’art. 7 del trattato sul funzionamento dell’UE.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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