Principio di uguaglianza e obbligo vaccinale

vaccino

Uno dei principi fondamentali della Costituzione italiana riguarda l’uguaglianza.

Apparentemente tale principio parrebbe ricondurre solo all’obbligo di trattare tutti in modo uguale innanzi alla legge, relativamente ad una medesima fattispecie, senza distinzioni.

Ma, come osserva una ormai cristallizzata giurisprudenza della Consulta, viola il principio non solo disparità di trattamento, ma anche l’ingiustificata parità.

Questa seconda ipotesi si verifica quando, a fronte di situazioni che razionalmente comporterebbero un diverso trattamento normativo, assistiamo invece ad un trattamento uniforme.

In relazione all’obbligo vaccinale over 50 per contrasto al Covid, ci domandiamo, come si sono domandati alcuni giuristi, se non violi il principio costituzionale di uguaglianza.

In particolare sotto il profilo dell’obbligo di trattamento uniforme.

Principio di uguaglianza e obbligo vaccinale

Una delle due principali motivazioni, che possono essere sottese all’introduzione dell’obbligo normativo, riguarda l’esigenza di evitare conseguenze negative più gravi, in caso di contagio da virus, nei non vaccinati.

L’altra motivazione che sussisterebbe, nel caso il vaccino avesse determinate caratteristiche, è quella che ricondurrebbe all’esigenza di contenere il numero di contagi.

Per questa seconda motivazione usiamo il condizionale, proprio in quanto gli attuali vaccini non impediscono la diffusione del contagio.

Resta quindi la prima motivazione, rispetto alla quale ci poniamo il quesito introduttivo.

L’obbligo vaccinale viola il principio di uguaglianza?

Come abbiamo detto, la finalità dell’obbligo è quella di evitare conseguenze tali, da comportare un aggravamento delle condizioni di salute, tale da causare il ricovero in ospedale.

Con presunto beneficio anche per il sistema sanitario, in termini economici, di disponibilità ospedaliere, etc.

Ma allora, ci domandiamo se non sussistano condizioni del tutto analoghe, e che, quindi, dovrebbero comportare analogo obbligo.

A nostro avviso la risposta non può che essere positiva.

Esistono, infatti, diverse situazioni, nelle quali determinate scelte di vita e comportamentali, comportano oneri per altri soggetti, tali da influire sulle condizioni di sicurezza e sanitarie generali o impattanti, comunque, su determinati ambiti.

Scelte soggettive e ricadute sanitarie

In tal senso, consideriamo, ad esempio, tutti coloro che mantengono un certo regime alimentare, non adatto al loro organismo.

Può trattarsi sia di coloro che eccedono nel numero di calorie, sia di coloro che assumono alimenti controindicati, come lo zucchero per i diabetici o alimenti ricchi di purine per i gottosi.

Si tratta di situazioni che, a causa di scelte soggettive, possono comportare peggioramenti della salute, tali anche da portare a ricoveri, etc., né più, né meno di coloro che sono soggetti all’obbligo vaccinale.

O pensiamo a tutti coloro che affrontano determinati sport, tali da comportare infortuni e obbligare poi altre persone a rischiare la propria vita nei soccorsi.

Ma pensiamo anche a tutti gli obesi

In effetti le due maggiori cause di morte in Italia sono legate ad abitudini di vita poco sane. La prima causa è infatti il fumo, la seconda è proprio la sedentarietà. Tuttavia non si è mai imposto alcun obbligo per debellare il tabagismo o la sedentarietà. Proprio per coerenza con il disposto dell’articolo 32 della Costituzione. Secondo questo articolo infatti la salute è un fondamentale diritto dell’individuo e non un dovere.

Pensiamo addirittura che nel caso del fumo, non vi è nessun divieto, in caso di assembramento, di fumare all’aperto. Ne deriva che il diritto dell’individuo di fumare (e quindi di danneggiare la propria salute) è più importante dell’interesse della collettività alla salute (e quindi a respirare aria salubre). Quindi il diritto dell’individuo sembra prevalere sempre rispetto all’interesse della collettività. Anche quando l’individuo pone in essere delle scelte o dei comportamenti apparentemente contrari alla tutela della propria salute.

Non sono forse, tutti questi, casi che impattano sulle spese sanitarie e su una minor disponibilità di posti in strutture sanitarie, al pari di chi non vaccinato?

In questi termini, è quindi evidente che con l’obbligo vaccinale si viene a determinare una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altre fattispecie, che rientrerebbero nella medesima ratio normativa. Eppure non sono normate legalmente in alcun modo.

Variante Omicron ed occupazione posti letto in ospedale

Una certa stampa ha inoltre cercato di incolpare il non vaccinati di aver occupato le capienze degli ospedali e delle terapie intensive e con questo di aver negato o ritardato le cure a chi pur essendo vaccinato ne avesse bisogno per altri motivi.

Questa analisi appare quanto meno troppo epidermica e superficiale. Innanzitutto perché non vengono forniti i dettagli ma solo i dati aggregati. Sarebbe interessante sapere quanti di quei pazienti che pur classificati come non vaccinati avessero in realtà ricevuto almeno una o due dosi di vaccino.

Inoltre bisogna capire le condizioni di salute dei non vaccinati prima di essere infettati. E anche se essi abbiano ricevuto le dovute terapie domiciliari adeguate ed in modo tempestivo. Sappiamo infatti dall’esperienza riportata da molti medici che hanno operato sul campo, che un non vaccinato, se in buona salute e se trattato tempestivamente e correttamente, generalmente non ha bisogno di essere ospedalizzato.

Oltretutto ci sono delle carenze da parte di chi doveva vigilare e non lo ha fatto.

Nonostante tutte le misure ed i pieni poteri assunti dalle autorità, esse non sono riuscite ad evitare che la variante Omicron fosse importata dal Sud Africa. Peraltro proprio ad opera di un vaccinato che vi era andato per una trasferta di lavoro.

Riduzione posti letto e terapie intensive

Se ospedali e terapie intensive sono al collasso, la responsabilità va data in primis alla loro riduzione nel tempo.

Occupazione letti Italia

Il grafico qui sopra mostra come i posti letto ospedalieri ogni 1.000 abitanti sono passati da oltre 10 negli anni ’80 a circa 3 dei giorni nostri.

Il seguente grafico mostra anche che i posti in terapia intensiva sono passati da 10 ogni 100.000 abitanti negli anni ’80 a 2,6 oggi giorno.

Occupazione letti Italia TI

Prove scientifiche

Oltretutto, non esistono prove scientifiche che dimostrino che chi vaccinato non incorrerà in situazioni gravi, qualora contagiato.

Non resta, quindi, che prendere atto di una probabile violazione dell’art. 3 della Costituzione, anche a prescindere dalla eventuale violazione di altre norme.

Probabilmente, anche a fronte del ridotto importo sanzionatorio, non vedremo molti ricorsi, ma sarà comunque interessante considerare l’eventuale giurisprudenza che si formerebbe a seguito di una loro presentazione.

A cura di Cosimo Italiano e Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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