Presunzione di innocenza e di non colpevolezza tra illecito penale, amministrativo e depenalizzato-amministrativo

Norme e diritto

Tra i principi fondamentali di uno Stato di diritto viene annoverata la presunzione di innocenza.

Ma cosa significa realmente questo principio e qual è la differenza rispetto alla presunzione di non colpevolezza?

E tali principi si applicano solo al diritto penale, o anche in altri ambiti giuridici?

Per dare ordine alle nostre riflessioni, proponiamo la seguente scaletta tematica:

  • Presunzione di innocenza e di non colpevolezza: analogie e differenze
  • La presunzione di non colpevolezza: illecito penale, amministrativo e depenalizzato-amministrativo.
  • Verso una normativa distopica rispetto allo Stato di diritto?

Presunzione di innocenza e di non colpevolezza tra illecito penale e amministrativo: analogie e differenze

Quando una persona viene accusata di aver commesso un reato, i moderni Stati di diritto, che sono quelli che osservano alcuni fondamentali diritti del cittadino, impongono allo Stato di considerarlo innocente o non colpevole, sino alla condanna definitiva.

Secondo una certa scuola di pensiero, le due espressioni innocenza e non colpevolezza sarebbero sostanzialmente equivalenti. Starebbero a significare soprattutto un fondamentale principio in materia probatoria. Deve essere l’accusa a dimostrare la colpevolezza, vincendo la presunzione favorevole all’indagato o imputato.

In realtà, le cose non stanno esattamente così

Se la valenza probatoria implicita nei due principi è indubbia, sono anche altri gli aspetti che riguardano e differenziano tali principi.

La presunzione di innocenza, osservano alcuni studiosi, non comporta solo il fatto di non essere considerati colpevoli. Ma anche una inconciliabilità con una serie di normative che, invece, paiono decisamente poco compatibili con una presunta innocenza.

In tal senso, ad esempio, misure cautelari. Come la custodia cautelare o gli arresti domiciliari, che limitano la libertà personale del cittadino, nonostante non vi sia ancora una sentenza definitiva di condanna.

Ma in tal senso anche un istituto come la messa in prova, che può essere richiesta da chi sottoposto a processo penale. E nonostante a suo carico ancora non vi sia alcun giudizio di colpevolezza.

Parimenti, altri istituti, come il cosiddetto patteggiamento, consentono provvedimenti a carico dei singoli cittadini, senza una precedente condanna.

Di qui la fondamentale distinzione tra presunzione di innocenza e non colpevolezza. La prima risulta inconciliabile con qualsiasi provvedimento a carico di un cittadino, accusato di aver commesso illeciti penali, senza che si sia arrivati ad una condanna definitiva.

La seconda, invece, impatta solo sul divieto di condanna. Senza l’emissione di una sentenza definitiva, basata su elementi di prova prodotti dall’accusa, ma è compatibile con diversi provvedimenti a carico del cittadino.

Il nostro ordinamento ha quindi recepito la seconda, principio di rango costituzionale, ma non la prima.

Le presunzioni di non colpevolezza: illecito penale, amministrativo e depenalizzato-amministrativo

La presunzione di non colpevolezza costituisce un fondamentale principio in materia penale, accolto in Costituzione. Dobbiamo però anche domandarci se analogo principio valga per altri tipi di illecito, in particolare in materia di illecito amministrativo.

Sotto tale profilo, occorre osservare che i costituenti non hanno ritenuto di fissare principi di rango costituzionale in tale materia. Hanno lasciato al legislatore ordinario la facoltà di definire liberamente principi e norme al riguardo.

In tal senso, occorre comunque rilevare che un principio sostanzialmente equivalente a quello previsto dalla Costituzione in ambito penale, è Stato previsto, in materia di illecito amministrativo e depenalizzato-amministrativo, dal combinato disposto della legge 689 del 1981 e del decreto legislativo 150 del 2011, ai sensi del cui art. 6, comma 11, il giudice di pace, cui si è proposto ricorso avverso un’ordinanza che applica sanzioni amministrative, accoglie l’opposizione  quando  non  vi  sono  prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.

Il che equivale quindi a dire che dev’essere l’autorità che procede a comminare la sanzione a svolgere un ruolo analogo a quello dell’accusa in un processo penale. E a dover fornire sufficienti elementi di prova per una condanna. Pertanto l’opponente non dovrà provare la propria mancata responsabilità in materia amministrativa. Perché sarà sufficiente che l’autorità sanzionatrice non riesca a provarla.Per completezza, va invece considerato che, in materia di responsabilità e illecito civile, non valgono sempre questi principi.

Talora alcune presunzioni sono a favore della tesi della responsabilità, ad esempio in materia di circolazione stradale, come previsto dall’art. 2050 del codice civile. Imponendo quindi una inversione dell’onere probatorio.

Verso una normativa distopica rispetto allo Stato di diritto?

A conclusione di questo breve excursus su presunzione di innocenza e di non colpevolezza, ci domandiamo se l’attuale normativa, in particolare in materia penale, sia compatibile o meno con lo Stato di diritto.

Una risposta sincera probabilmente dovrebbe essere negativa, in quanto un vero e proprio Stato di diritto non è ad esempio compatibile con misure cautelari di restrizione di alcuni fondamentali diritti, come quello di libertà.

Possiamo dire che il nostro ordinamento, al pari di altri, ha voluto conciliare opposte esigenze, in particolare il rispetto di taluni diritti con le esigenze di impedire che persone pericolose possano circolare liberamente, o che colpevoli di reati anche gravi possano sottrarsi alla giustizia.

Esistono infatti pur sempre alcune garanzie, che impediscono alle misure cautelari di tradursi in mero arbitrio giudiziario, pur in una fase antecedente alla emissione del passaggio in giudicato della sentenza.

Al tempo stesso, il sistema penale è comunque imperniato sul principio che non debba essere la difesa a dimostrare l’innocenza del proprio assistito, ma l’accusa a dimostrare la responsabilità di chi incriminato.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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