Piazza Affari teme la politica? Perché c’è la crisi di Governo? 

Piazza Affari

In mattinata i mercati hanno registrato tutti un generale segno più. Solo successivamente, al giro di boa di fine mattinata, hanno preferito adagiarsi sulla parità. Una forma di saggia cautela che non ha spinto i listini ad esagerare con l’ottimismo. Da parte sua Piazza Affari teme la politica. Ma perché c’è la crisi di Governo? Procediamo con ordine.

Partiamo prima di tutto dalla consueta panoramica sui mercati. Quando mancano 15 minuti alle 13, il Vecchio Continente registra un Dax a +0,09% affiancato dal Cac 40 di Parigi che oscilla sullo 0%. Diversa la questione per il Ftse 100 londinese che, fresco di Brexit, vanta invece un +0,6%. Dall’altra parte dell’oceano i futures di Wall Street vengono fotografati anche loro in una posizione non dissimile. Infatti l’S&P500 non va oltre lo 0,05% in territorio positivo mentre il Dow lo supera con il suo +0,2%. Controcorrente il Nasdaq. L’indice dei tecnologici, infatti, perde lo 0,26%.

La situazione a Piazza Affari

Da parte sua l’Italia si trova ad affrontare l’ennesima crisi di governo. Con la sola differenza che le volte precedenti non si doveva combattere contro una pandemia ancora in atto. Piazza Affari teme la politica. Infatti a 10 minuti dalle 13 il listino milanese scende a -0,09%. Per quanto riguarda i rating a Piazza Affari, sono da citare i buy di Deutsche Bank su Enel (MIL:ENEL) (target price fissato a 9,50 euro), Snam (5,10 euro) e STMicroelectronics (39 euro). Interessanti anche gli outperform di Mediobanca  su Acea (23,50), Cnh Industrial (13 euro), Enel (9,50 euro), Erg (23 euro) ed Exor (82 euro).

Ma perché c’è la crisi di Governo?

Come detto Piazza Affari accusa una certa debolezza. Probabilmente le tensioni interne e il moltiplicarsi di voci riguardanti possibili elezioni anticipate stanno facendo sentire il loro peso. Ma perché c’è la crisi di governo? Tutto parte da Matteo Renzi e da quelle che, almeno ufficialmente, sarebbero le ragioni del dissenso.

Stando a quanto dichiarato, infatti, il leader di Italia dei Valori non ha accettato l’intenzione del premier Giuseppe Conte di affidare la gestione del Recovery Plan (di fatto un piano di spesa che sfiora i 210 miliardi) ad una task force di manager e consulenti. Manager che, secondo l’ipotesi di Renzi, si sottrarrebbero al controllo del Parlamento. Nei cahiers de doléances è finito anche lo stesso Recovery Plan sui cui contenuti (almeno quelli della bozza) non ci sarebbe ancora accordo. Ma la vera pietra d’inciampo, per molti osservatori, resta il MES. Ben accetto dai renziani, il Meccanismo europeo di stabilità, meglio conosciuto come Fondo Salva-Stati, è invece nettamente rifiutato dal M5S mentre da parte sua il PD lo potrebbe accettare con le opportune modifiche.

Da qui lo scontro con il premier, scontro che ha portato alle dimissioni delle ministre Teresa Bellanova (Politiche Agricole) ed Elena Bonetti (Pari Opportunità) oltre che di Ivan Scalfarotto (Sottosegretario MISE).

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