Petrolio: cosa sta succedendo?

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Nelle ultime ore il petrolio ha subito un’ulteriore spallata, tanto da arrivare, al di sotto della soglia dei 60 dollari per il Brent e dei 50 per il Wti.

Tradotto in parole povere: il petrolio greggio è arrivato ai minimi dell’anno. Un crollo la cui onda d’urto si è avvertita anche sul Ftse Mib dove ieri, a fine giornata Saipem, Eni e Tenaris occupavano gli ultimi posti della classifica con perdite rispettivamente del 2,9%, 1,8% e 1,65%. Ma se il ribasso ha spaventato molti, per alcuni è ancora un movimento momentaneo.

Tra questi Claudio Descalzi, numero uno di Eni, che ha dichiarato : “È una situazione di volatilità, non è un problema di domanda e offerta, ma una fase transitoria legata alla situazione geopolitica: non ci troviamo in una situazione in cui non ci sono progetti o in cui c’è una mancanza di offerta”.

Quella del manager, però, appare come una posizione controcorrente visto che i ribassi del petrolio si stanno ripetendo con preoccupante frequenza tanto da portare l’ormai ex oro neo, a perdere il 30% dall’inizio di ottobre. Anche per questo sono in molti a pensare che a riposizionarsi, adesso, non siano più solo investitori e hedge fund, ma anche le banche, soprattutto quelle statunitensi, particolarmente esposte sul settore dello shale.

A peggiorare la situazione, anche le dichiarazioni di Fatih Birol direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie)che ha parlato di “una fase di incertezza senza precedenti per la materia prima”.

Tra i fattori che hanno appesantito la quotazione del petrolio resta anche la produzione record di Russia, Arabia Saudita e Stati Uniti con questi ultimi che sono arrivati ad essere il primo produttore mondiale scavalcando anche gli storici nemici dell’ex Unione Sovietica oltre a Ryad a sua volta a capo dell’Opec.

Da parte sua, invece, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio sembra perdere sempre più autorevolezza: la metamorfosi da Opec in Opec Plus (quindi con l’arrivo di membri esterni, primo fra tutti la Russia) si capiva che, per riuscire nell’intento di riequilibrare il mercato, l’Opec avesse bisogno di un apporto extra.

Ma quest’alleanza si sta dimostrando un boomerang: la decisione ormai certa di tagliare l’output (si parla di circa 1,4 milioni di barili al giorno), decisione che sarebbe stata ufficializzata al prossimo meeting previsto per il 6 dicembre a Vienna, non appare ormai più tanto certa.

A mettere i bastoni tra le ruote è proprio la Russia che per voce del suo ministro dell’energia, Alexander Novak, prima di prendere una decisione al riguardo bisognerà valutare attentamente l’evoluzione del mercato fino alla prima parte di dicembre per capire meglio le possibili evoluzioni e le prospettive invernali.

Analisi grafica e previsioni 

L’obiettivo di breve del petrolio greggio rimane sempre in area  $47,7. Il punto di inversione rialzista per la prossima settimana è una chiusura giornaliera superiore ai  $57,58.

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