Petrolio: brutta sorpresa! La discesa continua

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L’Energy Information Administration (EIA) degli Stati Uniti ha reso noti i dati sulle scorte petrolifere  della settimana scorsa.

Le scorte settimanali di greggio

Al 23 novembre 2018 si è registrato un aumento inatteso di 3,6 milioni di barili di greggio a quota 450,5 milioni, una variazione che resta  ben oltre le attese che non andavano oltre 0,769 milioni.

Le  quotazioni del greggio quindi  hanno iniziato a registrare un nuovo arretramento che ha portato il Brent ancora sotto quota 60 dollari, per la precisione 59,54 dollari al barile, mentre il Wti superava di poco i 51,1.

Il calo dei prezzi del petrolio (in realtà unito ad una volatilità particolarmente forte), è stato talmente violento da aver portato il greggio nel giro di qualche settimana dai massimi pluriennali ad un mercato orso.

Un quadro che convincere portare i leader mondiali riuniti a Buenos Aires da venerdì a concordare una nuova politica di produzione sugli energetici?

G20 vs Opec Plus

Una domanda più che lecita dal momento che, per gli operatori del settore, l’appuntamento del G20 è molto vicino ad un altro evento di primaria importanza, la riunione dell’Opec plus di Vienna, prevista per il 6 dicembre, in Austria. Potrebbe però trattarsi di una riunione, quella di Vienna, che potrebbe trasformarsi in pura formalità qualora a Buenos Aires si trovasse una via d’uscita a quella che sembra definirsi sempre più spesso come una crisi del greggio, uno squilibrio palese tra le dinamiche di domanda ed offerta, da sempre alla base del mercato petrolifero.

Le strategie di Ryad

Da tempo il cartello dei paesi esportatori di petrolio si sta organizzando per riuscire ad attuare una politica di tagli alla produzione in modo da arginare il crollo delle quotazioni. Ma la maggior parte degli osservatori non può fare a meno di notare come il raggio di influenza dell’Opec nel settore stia diventando man mano sempre più debole, restringendosi per lo più alla sola Arabia Saudita vera e propria banca del petrolio.

Le altre due grandi potenze produttrici, infatti, sono Russia e, inaspettatamente, gli Usa, entrambi esterni all’Opec. Per questo motivo le mosse delle tre attrici sula scena stanno assumendo un’importanza particolarmente rilevante.

Lo scacchiere: Russia, Usa e Arabia

Da un lato, infatti, come accennato, Ryad si sta muovendo per convincere i membri Opec   a limitare le estrazioni tagliando circa 1,4 milioni di barili al giorno,  anche facendo ricorso ad un sistema di quote che permetterebbe di trovare un accordo più facilmente all’interno dell’Opec.

Dall’altro lato, però, Washington, per voce del suo presidente Trump preme affinchè il greggio continui a sgorgare copioso, mantenendo i prezzi bassi in modo da favorire, secondo la sua visione, la domanda e, quindi, la crescita.

Al centro c’è Mosca che, sebbene volenterosa di collaborare con l’Opec, non può fare a meno di essere momentaneamente titubante sul da farsi. La paura più grande, come conferma anche il ministro dell’energia russo Alexander Novak, è quella di prendere una decisione sull’onda dell’emotività. Per questo motivo la Russia preferirebbe prendere tempo per poter decidere e monitorare la situazione anche durante la prima parte di dicembre.

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