Pesanti interrogativi su vaccini e prospettive economiche: solo critiche infondate?

vaccini ed economia

Per meglio comprendere il senso di questo articolo, occorre partire da un elemento essenziale, che molti ritengono fondamentale nel campo di un’informazione libera ed indipendente.

Tale non è quel tipo di informazione che si pone dei limiti nella ricerca della verità, a prescindere dal tipo di interessi che potrebbe tutelare.

Ed anzi, anche a costo di contrastare certi interessi, sia pure presentati come interessi generali.

E, proprio per rispettare questo profondo convincimento, che accomuna il sottoscritto a molte altre persone, sottopongo al lettore una serie di riflessioni che riguardano vaccini e prospettive economiche.

Ma, per meglio procedere nella nostra disamina, ecco una breve scaletta dei temi affrontati.

  • Perché il vaccino AstraZeneca sotto i 60 anni?
  • Chi decide in materia di somministrazione?
  • Ha senso la ripresa delle attività di notifica ed accertamento fiscale in questa fase?
  • Ha senso riproporre vecchie ricette economiche, come quelle di Dombrovskis?

Pesanti interrogativi su vaccini e prospettive economiche: solo critiche infondate?

Il vaccino AstraZeneca sotto i 60 anni

Se alcuni enti di controllo e con competenze in materia, a livello nazionale e comunitario, esprimono l’ultima parola in materia di farmaci, occorre tuttavia rilevare che le prime indicazioni provengono pur sempre da chi quei farmaci ha ideato, in questo caso aziende come AstraZeneca.

Infatti è proprio di ieri la drammatica notizia della diciottenne di Sestri Levante che, a causa di una trombosi, dopo somministrazione del vaccino di AstraZeneca, non ce l’ha fatta.

Certo, occorre ancora accertare elementi come il nesso di causa ed effetto tra la vaccinazione con AstraZeneca e gli eventi successivi. Ma occorre ricordare che l’azienda farmaceutica aveva indicato la non somministrazione al di sotto dei 60 anni.

Ne consegue un interrogativo molto semplice: perché tale indicazione non è stata rispettata?

Domandarsi, quindi, chi abbia consentito tali vaccinazioni e quali siano eventuali responsabilità, in primis sul piano penale, non è, come qualcuno ritiene, un mero esercizio di critica letteraria o giornalistica, ma anche un adempimento di quegli obblighi di ricerca della verità, richiamati ad inizio articolo.

Tra i critici di un certo andazzo nelle vaccinazioni, del resto non mancano coloro che evidenziano come molto si stia puntando sulla quantità. E senza porre, forse, le dovute attenzioni sul lato dei rischi, da troppo spesso ridicolizzati o comunque sottovalutati.

Questo interrogativo di fondo troneggia come un macigno, in questa ricerca della verità: perché non si è tenuto conto delle indicazioni dell’azienda produttrice?

Ed a cosa servono allora le indicazioni della cause farmaceutiche?

Siffatti interrogativi se li sono posti in molti, a partire dal prof. Crisanti e, modestamente, ce li poniamo ance noi.

Avevamo già dato una possibile risposta, augurandoci che non fosse quella vera.

Il voler privilegiare un confronto tra il numero di morti da pandemia ed il numero di morti, per effetti letali, conseguenti alle vaccinazioni, considerando il secondo un sacrificio ammissibile.

Il mio pensiero è semplice: non lo è.

Certo, i morti da pandemia sono molti di più, ma questo basta a dare una risposta a tutti gli interrogativi che si possono porre?

In molti non lo credono, ed anch’io non lo credo.

E ci auguriamo, ovviamente, che non sia così, che non si voglia semplicemente fare una scelta del male minore, privilegiando la soluzione che comporta meno effetti letali. Altrimenti vorrebbe dire che si considerano alcune morti come eventi inevitabili, da sacrificare sull’altare di un interesse generale. Una logica che ci pare appartenga più ad uno stato di polizia o ad una dittatura, che ad uno stato di diritto.

Fortunatamente la competente procura della Repubblica ha avviato un fascicolo con ipotesi di omicidio colposo, per la morte di quella diciottenne. Sarebbe auspicabile che tale indagine non si chiudesse con una mera archiviazione, ma con precise risposte a tutti i quesiti che ci poniamo.

Chi ha deciso di non tener conto delle indicazioni di AstraZeneca e perché?

E quali eventuali responsabilità penali ne conseguono?

Ripresa delle attività fiscali

Potrebbe sembrare blasfemo associare eventi drammatici, come una morte, a problematiche economiche, eppure un nesso esiste.

Per continuare la trattazione riguardante i pesanti interrogativi su vaccini e prospettive economiche e per rispondere alla domanda se siano solo critiche infondate, è anche per motivi economici che si sta spingendo la campagna di vaccinazione, non dimentichiamolo.

E peraltro non è solo sul fronte vaccini che si pongono pressanti interrogativi.

Pare che errori si stiano commettendo anche in campo economico.

In particolare, dopo una fase drammatica anche sotto il profilo economico, dalla quale probabilmente solo ora stiamo tentando di uscire, verrebbe naturale pensare che lo Stato dovrebbe semmai incoraggiare la ripresa.

Ma non pare proprio che la ripresa delle attività fiscali di notifica ed accertamento vada in questa direzione.

È infatti indubbio che altro non potranno fare che determinare ulteriori effetti recessivi su una realtà già drammaticamente provata. Una realtà rispetto alla quale lo Stato altro non ha fatto che predisporre qualche pannicello.

Verrebbe da pensare proprio: oltre al danno, la beffa.

E che senso hanno i richiami di Dombrovskis?

Forse, anche questa ripresa di quelle che sarebbero ordinarie attività fiscali segue un preciso filo logico.

Qualche tempo fa il commissario europeo Dombrovskis aveva fatto un richiamo alla ripresa del consueto patto di stabilità finanziaria, sospeso in seguito alla pandemia.

Può darsi che anche singoli Stati, come l’Italia, abbiano comunque presente il problema del debito e pensino, tramite i loro governanti, al patto di stabilità come ad una bacchetta magica che tutto risolve. Sicuramente in tal senso il pensiero del commissario europeo.

Ma la pandemia, come ho avuto occasione di richiamare in diverse occasioni, poteva invece essere l’occasione per domandarsi se questo tradizionale sistema finanziario europeo sia realmente all’altezza dei compiti da affrontare e delle situazioni che si possono presentare.

Come noto, le mie analisi, fondate su rilevi ben anteriori agli eventi pandemici, in linea con alcuni fondamentali paradigmi di talune scuole economiche, in particolare di quella monetaria, avevano condotto verso una serie di interessanti risultati, che avevo di volta in volta esposto ai lettori di ProiezionidiBorsa.

Il divorzio tra Stato e Banche centrali

In particolare, era evidente che, a fronte di una struttura di certi Stati, chiamati ad assolvere a tutta una serie di situazioni, era stato un grave errore il divorzio tra Stato e Banche centrali, in particolare tra Governo italiano e Banca d’Italia.

Non era un caso che il debito si fosse impennato a partire da tale evento, tanto che in seguito, anche iniziali fautori di tale impostazione, tra cui autorevoli economisti appartenenti all’area del Partito Repubblicano Italiano, abbandonarono la loro originale impostazione, per approdare su sponde opposte.

I trattati europei ed in particolare quello di Maasstricht altro non hanno fatto che cristallizzare quanto negato dalla concreta esperienza storica.

La via dell’austerità non ha condotto a risultati positivi certi Stati, anzi determinando effetti prociclici.

La vera via della risoluzione di debiti nazionali, come quello italiano, consisteva invece nell’adottare obbligazioni irredimibili e nel riattivare la politica monetaria tra le facoltà delle singole Banche centrali.

Almeno in una misura tale da osservare il paradigma di copertura della creazione di massa monetaria con la produzione di beni e servizi, in un rapporto tale da contenere il processo inflattivo.

Invece, non essendo stati capaci di regolamentare tale potere, si è preferito semplicemente abolirlo.

Ricetta evidentemente errata, come lo sarebbe quella di non usare un farmaco, solo perché non si è in grado di dosarlo opportunamente.

Conclusioni

Da tempo non sospetto ho evidenziato alcuni elementi di criticità sia nel sistema di gestione dei vaccini, che nelle soluzioni adottate in materia di finanza pubblica nell’ambito dell’eurozona.

Se già prima della pandemia alcuni eventi hanno rimarcato la fondatezza di tali rilievi, purtroppo i recenti fatti paiono evidenziare che vi sono tuttora coloro che continuano a non accorgersi di determinate problematiche.

Basti pensare ai drammatici fatti, legati alla morte della diciottenne di Sestri Levante. Ma anche, in ambito economico, ai richiami ormai invecchiati dal tempo, del solito Dombrovskis, che evidentemente continua a non rendersi conto dell’effetto prociclico di certe impostazioni.

Come se la storia e la cronaca nulla avessero insegnato.

Abbiamo quindi espresso in questo articolo, a proposito di pesanti interrogativi su vaccini e prospettive economiche, solo critiche infondate?, alcuni dubbi, che condividiamo con chi ha in questa fase espresso analoghi interrogativi.

Soprattutto un interrogativo attanaglia la nostra mente.

Può darsi che talora si comprendano certi errori, ma non è possibile farlo prima che si determinino effetti drammatici, conseguenza di certe scelte?

Al pari di chi aveva con lungimiranza previsto certi effetti delle decisioni europee in materia di finanza e, molto più di recente, in materia di vaccinazioni, verrebbe da rispondere positivamente. Ma spesso, purtroppo, occorre l’evento drammatico a stimolare una decisione che poteva essere presa ben prima.

Come poteva essere archiviata sin dall’origine una scelta come quella del divorzio con la Banca d’Italia ed il trattato di Maastricht.

C’è chi se n’era accorto, chi se ne accorge solo ora, e chi, forse, non se ne accorgerà mai.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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