Perizie e consulenze tecniche: differenze e similitudini dei due strumenti processuali

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Oggi soprattutto il processo penale richiede in diversi casi l’utilizzo di competenze extragiudiziarie, per giungere alla ricostruzione dei fatti. I giudici e gli altri professionisti del diritto non sono necessariamente esperti di ambiti tecnici e scientifici, cui si deve, però, necessariamente ricorrere.

Quando, ad esempio, si deve comprendere la dinamica balistica compiuta dalla traiettoria di uno o più proiettili, o comprendere perché una persona è morta, si ricorre a specialisti in indagini scientifiche e a medici legali.

I mezzi per acquisire tali conoscenze nell’ambito di un processo sono sostanzialmente due, a seconda che l’impulso provenga dal giudice o da una delle parti, compreso il pubblico ministero.

Perizie e consulenze tecniche: differenze e similitudini dei due strumenti processuali.

Spesso capita che si faccia una certa confusione tra perizia e consulenza.

Chiariamo quindi bene i concetti.

La perizia è quella disposta dal giudice. A questa provvedono uno o più periti, nominati dal giudice. E vi possono partecipare anche i consulenti tecnici delle parti, compresi quelli del pubblico ministero, per muovere osservazioni e rilievi critici.

Invece, se le parti private dispongono degli accertamenti tecnici, allora siamo in presenza di consulenze tecniche, redatte dai consulenti di parte e quindi depositate negli uffici giudiziari.

Ma quale valore hanno perizie e consulenze?

Va innanzi tutto chiarito che la giurisprudenza ritiene che né i periti, né i consulenti possano mentire sulle operazioni dai medesimi compiuti.

Neppure un consulente di parte, ad esempio, può dichiarare di aver svolto accertamenti, in realtà non compiuti.

Pertanto sia i periti che i consulenti devono indicare quali operazioni siano state compiute e i mezzi e le tecniche a cui sono ricorsi.

Sostanzialmente diverso il discorso per quanto concerne il giudizio sui risultati ottenuti.

Ogni perito e consulente ha la libertà discrezionale di valutare il risultato degli accertamenti effettuati a sostegno o confutazione di una determinata tesi.

Proprio perché la valutazione tecnica è un giudizio discrezionale che, in quanto tale, esprime solo una opinione, non una verità assoluta.

Non si potrebbe, pertanto, parlare di verità o falsità in merito alle valutazioni tecniche, che restano un giudizio soggetto all’opinione personale del tecnico.

Pertanto, a fronte dei medesimi risultati ottenuti in sede di accertamento tecnico, periti e consulenti diversi potranno addivenire a formulare conclusioni diverse, ad esempio sull’orario in cui collocare la morte di una persona, o circa l’autenticità o meno di una grafia.

Pertanto si può creare anche un contraddittorio tra esperti della stessa materia a sostegno di tesi opposte.

Ma ritorniamo al quesito di prima.

Quale valore viene assegnato a perizie e consulenze?

Come si usa dire, il giudice è il perito dei periti.

Ha cioè la libertà di valutare i risultati e le conclusioni cui sono giunti i diversi periti e consulenti, e unico suo limite nell’accogliere o respingere una tesi risiede nella logica e nella realtà scientifica.

Comunque è il giudice a decidere se accogliere o meno le varie tesi formulate in base ai postulati tecnici e scientifici ed alla logica.

Questo significa che comunque un giudice non potrà confutare una tesi, sostenendo affermazioni contrarie ai risultati che la logica impone. Ma neppure andando contro le conoscenze messe a disposizione dalla disciplina, di cui si sta occupando.

Ad esempio, prendiamo il caso che secondo la scienza medica in un determinato caso un soggetto non può assolutamente essere considerato morto da più di un determinato lasso temporale. Un giudice che in sentenza dichiarasse qualcosa di diverso potrebbe essere poi criticato in sede di ricorso da una delle parti, per non aver tenuto conto della realtà scientifica.

In altri termini, si sosterrebbe da parte di chi presenta ricorso, un difetto di motivazione. Lo si farebbe per errori insiti in quella che avrebbe dovuto costituire, secondo il ricorrente, la corretta valutazione dei risultati cui è giunta una consulenza o una perizia.

Ovviamente, non sempre le cose sono bianche o nere. E spesso si presentano, nello stesso processo, tesi opposte, ognuna sostenuta con determinate argomentazioni dai diversi periti e consulenti di parte.

Le relazioni dei consulenti come memorie difensive

Occorre anche aggiungere che le relazioni redatte dai consulenti di parte, a differenza delle perizie redatte dai periti nominati da un giudice, vengono considerate come delle memorie difensive. Al pari di quelle redatte e depositate da un avvocato.

È quindi normale che un giudice tenda a maggiormente valorizzare le perizie d’ufficio. E tra le consulenze di parte, a privilegiare quelle dei consulenti del pubblico ministero, in quanto, comunque, consulenti che lavorano per un magistrato. Si ritiene, infatti, che anche il pubblico ministero, pur sostenendo in genere l’accusa, abbia comunque l’obbligo di accertare la verità. Procedendo a sostenere l’accusa solo se la colpevolezza risulta dalle indagini.

Sappiamo bene che questo non sempre è quello che succede, ma diciamo che è il principio cui dovrebbe attenersi ogni pubblico ministero.

A differenza di un avvocato difensore, chiamato comunque a sostenere la difesa, anche a prescindere dai risultati che emergono dalle indagini.

Parimenti si ritiene, solitamente, che le consulenze redatte dal tecnico di un avvocato difensore siano comunque finalizzate a sostenere tesi difensive. Più che la verità dei fatti.

Sarà quindi la solidità dell’impianto tecnico reso disponibile dalle diverse argomentazioni, che potrà far addivenire all’accoglimento o al rigetto delle tesi sostenute dai diversi consulenti e periti da parte del giudice.

Abbiamo quindi spiegato, a proposito di “perizie e consulenze tecniche: differenze e similitudini dei due strumenti processuali” come talora, soprattutto nel processo penale, vi sia uno scontro tra diversi esperti in discipline tecniche e scientifiche, rispetto al quale il giudice è chiamato a pronunciarsi in base alla solidità logica e tecnica delle argomentazioni fornite.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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