Perché il Patto di Stabilità sta condannando l’Italia all’irrilevanza in Europa?

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Perché il Patto di Stabilità sta condannando l’Italia all’irrilevanza in Europa?

Il nome corretto è Patto di Stabilità e Crescita (PSC). “E’ un accordo internazionale, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione europea. E’ inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Eurozona). Ovvero, rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del trattato di Maastricht.” Il Patto di stabilità è uno dei pilastri, dei capisaldi su cui si regge la politica di bilancio dei Paesi europei. In questi giorni, la Commissione Ue ha deciso di sospenderlo. Una decisione senza precedenti, ovviamente. Perché?

Il PSC richiede che si rispettino alcuni parametri di bilancio e ruota attorno a due cardini:

 

  1. il deficit pubblico (la differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) non deve superare il 3% del Pil;
  2. il debito pubblico, che non deve superare il 60% del PIL.

Quest’ultima parte, poi, è la più dolente. Molti Paesi sono lontani dal rispettare questo parametro. Non lo fa neanche la stessa Germania, anche se lo sfora di poco, come la Finlandia. Nemmeno  lo sforano i Paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) e l’Olanda. Non è quindi un caso che siano proprio queste nazioni quelle che si stanno mettendo di traverso sul progetto “eurobond” (cioè debito condiviso) per tutti. L’Italia è al 134,8%, più del doppio della Germania. Ecco perché il PSC prevede, in alternativa, la necessità di dimostrare “un calo a un ritmo soddisfacente”. Questo calo significa che “il divario tra il livello del debito di un Paese e il riferimento del 60% deve essere ridotto di un ventesimo all’anno, calcolato come media di un triennio.”

Perché il Patto di Stabilità sta condannando l’Italia all’irrilevanza in Europa?

4 punti sono nodali nel Patto di Stabilità:

A cosa serve

Nelle parole della stessa Commissione UE, le norme del PSC “mirano a evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni potenzialmente problematiche” e a “correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi”. L’idea di base è che gli squilibri interni e la mancanza di rigore di un singolo Stato possa mettere a rischio la tenuta sua e dell’Ue nella sua totalità.

Come e perché è nato

Esso si richiama agli articoli 99 e 104 del trattato di Roma istitutivo della Comunità europea (così come modificato con il trattato di Maastricht e poi dal trattato di Lisbona). Si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici. Il PSC è la concreta risposta dell’UE alle preoccupazioni circa la continuità nel rigore di bilancio nell’Unione economica e monetaria (UEM). Stipulato nel 1997, il PSC ha rafforzato le disposizioni sulla disciplina fiscale nella UEM di cui agli articoli 99 e 104, ed è entrato in vigore con l’adozione dell’euro, il 1º gennaio 1999.”

La procedura di infrazione

La “procedura per deficit eccessivo” (PDE) costituisce il principale strumento del PSC. E’ un procedimento a carattere eventuale, disciplinato dagli articoli 258 e 259 del Trattato di Funzionamento dell’UE. E’ volto a sanzionare gli Stati membri dell’Unione europea responsabili della violazione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario. In questo caso, quando i limiti del Patto di stabilità non vengano rispettati (come è successo nel 2018 quando il governo Lega-M5S voleva avere un rapporto deficit/PIL troppo vicino al 3%).

Il legame col coronavirus

Vista l’emergenza che stiamo vivendo, i Paesi europei hanno bisogno di spendere. Per la prima volta dal 1997, la Commissione Europea ha deciso di attivare la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità. Cosa vuol dire questo? In pratica, gli Stati sono autorizzati a elargire denaro senza il rischio di raccomandazioni correttive o sanzioni in caso di sforamento del rapporto deficit/Pil, o di un debito pubblico oltre il 60% che tenda a crescere.

Quest’ultimo punto è un’occasione unica. Ma l’Europa deve muoversi all’unisono, altrimenti (molti si stanno chiedendo) che senso ha essere in un’unione commerciale se quando ci sono dei problemi non si riescono a risolvere insieme?

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