Perché bere l’ “acqua del sindaco”: Ausl e Slow Food a confronto

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Una guida per approfondire perché bere l’acqua del sindaco: Ausl e Slow Food a confronto. Gli italiani vantano almeno un primato: sono infatti tra i maggiori consumatori di acqua minerale in Europa. Se poi si varia il parametro di riferimento e dall’area europea, si tocca la dimensione mondiale, gli italiani si piazzano addirittura al terzo posto. Da recenti statistiche sembra addirittura che solo in Italia esistano ben 266 marche di acque minerali, imbottigliate sotto i relativi nomi commerciali. Un vero e proprio business che, stando alle reclame pubblicitarie, promette di tutto e di più.

Si va quindi dalla lotta ai radicali liberi, a quella contro la ritenzione idrica, fino al controllo del peso. Una sorta di elisir di lunga vita racchiuso in bottiglia, pagata più o meno a peso d’oro. Pari pubblicità invece non viene, in linea di massima, quasi mai riservata alle acque cosiddette pubbliche. E questo accade, nonostante gli erogatori dell’ “acqua del sindaco” siano dislocati ormai un po’ ovunque. Vediamo quindi di approfondire il tema: perché bere l’acqua del sindaco: Ausl e Slow Food a confronto.

L’assaggio delle acque di Slow Food

Forse tutti avranno sentito parlare di degustazioni di vini, formaggi, ma anche di oli. Ebbene, da qualche anno in qua, accanto a questi defilè classici del gusto, se ne deve annoverare un altro. A maggio 2010, infatti sotto la firma di Slow Food Reggio Emilia, si è tenuto forse il primo “assaggio di acque”. Alcuni volontari hanno cioè degustato, diverse acque, senza ovviamente conoscerne l’origine. Di queste, una metà proveniva dagli acquedotti pubblici, mentre, per l’altra metà, si trattava di acque in bottiglia di note marche nazionali. Ebbene, ai primi tre posti si sono piazzate le acque provenienti dagli acquedotti. Un bello smacco per tutti fans delle acque in bottiglia. Vediamo allora di spostare ora il focus sulle Ausl territoriali.

La posizione di una Ausl

Continuando nella disamina degli studi portati avanti sempre nella zona di Reggio Emilia, evidenziamo la ricerca firmata dalla Dott.ssa Nadia Fusini. E’ dallo stesso sito della ausl territoriale che infatti si apprendono delle notizie di sicuro interesse. Secondo quanto si legge, non corrisponderebbe al vero che l’acqua in bottiglia sia più salubre di quella del rubinetto. Infatti prosegue il documento “anche l’acqua del rubinetto è per legge soggetta a controlli che ne garantiscono la qualità e la salubrità”. Il controllo è peraltro di duplice natura: ovvero sia da parte del gestore che della AUSL stessa.

Perché bere l’acqua del sindaco: Ausl e Slow Food a confronto

A questo si aggiunge che molte acque del rubinetto sono oligominerali, cioè contengono da 50 a 500 mg/litro di residuo fisso, vale a dire povere di sali e di sodio. Per dirla molto banalmente, bere un litro d’acqua del rubinetto equivarrebbe all’ assunzione dei sali contenuti in poco più di mezzo cracker. Per di più, viene anche dichiarata come falsa la diceria che vorrebbe l’acqua degli acquedotti contaminata durante il passaggio nei tubi. A riprova, viene indicato il fatto che l’acqua, prelevata dai pozzi, si rinnova continuamente durante il suo scorrimento. Cosa che invece non può avvenire per l’acqua chiusa in bottiglia che invece, in caso di cattiva manutenzione per eccessiva esposizione alla luce, potrebbe diventare insalubre. A questo punto, non ci resta che dire: ad ognuno la propria acqua in bocca!

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