Pellicola per alimenti: cosa bisogna sapere che le etichette non dicono

pellicola trasparente

Un focus sulla pellicola per alimenti: cosa bisogna sapere che le etichette non dicono. E’ ormai da un po’ che stiamo tenendo d’occhio la linea dei prodotti, comunemente, usati per avvolgere gli alimenti in casa. Dalla più comune carta stagnola alla carta paglia, fino alla meno nota, ma pur sempre utilissima carta da forno. E quindi ora non si poteva che considerare anche l’apporto insostituibile che proviene dalla cosiddetta pellicola per alimenti. Di solito, si ricorre alla pellicola trasparente, per avvolgere alimenti da mettere in borsa o nello zaino.

Si pensi al panino casareccio per le colazioni dei figli a scuola. Ma anche alle coperture “fai da te” dei contenitori in frigo. Infatti, in mancanza di adeguati coperchi, è comodo proteggere gli alimenti con un foglio di pellicola trasparente. Senza però fare troppo caso a cosa si va a mettere dentro questi fogli di plastica. Vediamo quindi, in fatto di pellicola per alimenti, cosa bisogna sapere che le etichette non dicono.

Pellicola in PVC

La pellicola cosiddetta “originale”, in quanto più diffusa, è quella realizzata in PVC, vale a dire polivinilcloruro. Un materiale plastico molto versatile a cui vanno ad aggiungersi sostanze plastificanti, con il fine di massimizzare il suo livello di aderenza. Il rischio è che, a contatto con certi tipi di alimenti, alcune sostanze dalla pellicola migrino negli alimenti con cui vengono a contatto. Gli alimenti più rischiosi, sotto questo profilo, sono quelli contenenti molti grassi. Quindi oltre agli affettati e alle carni più grasse, anche gli alimenti conservati in olio andrebbero tenuti lontano dalla pellicola.

Pellicola in PE

Con la sigla PE ci si intende riferire invece all’alternativa al PVC. Vale a dire anch’esso un materiale plastico elastico e resistente, ma meno flessibile e aderente rispetto al PVC. Questa seconda pellicola sembra essere più stabile, e potenzialmnete attaccabile solo da sostanze molto acide. Quindi con un rischio di migrazione, dalla pellicola agli alimenti, ben più ridotto di quanto visto sopra. Per cui, in linea di massima, stando ai pareri tecnici del settore, questa seconda pellicola risulta generalmente molto più adatta ad ogni tipo di alimento.

Pellicole e alimenti

Ricapitolando, la pellicola può essere usata più tranquillamente per alimenti sottosale. Mentre sarebbe molto meno indicata per avvolgere alimenti grassi come il burro, il salame, o la mortadella, soprattutto se la pellicola è in PVC. Quanto agli ambienti di utilizzo, alcune oltre che per il frigo, sono adatte anche per il forno a microonde, senza grill. Mentre la pellicola non è adatta ovviamente per andare nel classico forno, per ovvi motivi di tenuta e resistenza alle alte temperature. Riguardo agli ambienti di possibile utilizzo delle pellicole, le indicazioni per l’uso, apposte sulle confezioni, sono sufficientemente esplicative. Ma invece, come si fa a riconoscere se una pellicola è realizzata in PVC o PE, una volta che ci si trova davanti alle scansie dei supermercati?

Cosa dice la legge

Riguardo alla composizione delle varie pellicole per alimenti, diciamo che la legge non ci è di grande supporto. Questo significa che è impossibile riconoscere, a priori, il materiale impiegato per la pellicola. La legge è rappresentata da un apposito Regolamento UE 10/2011 riguardante “i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari”. Ma visto che non è fatto obbligo al produttore d’indicare, in etichetta, il tipo di sostanze utilizzate, il vuoto esiste.

Quindi ecco svelato in fatto di pellicola per alimenti, cosa bisogna sapere che le etichette non dicono. Ad onor del vero è bene anche segnalare che esiste pure una minoranza di produttori più “diligenti” che indicano volontariamente la composizione della loro pellicola. Quindi occhio alla lettura delle etichette!

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