Oro, segnale di crisi vera e anche un po’ di inflazione. Politica storicamente poco incisiva

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Scrivevamo ieri che l’oro si apprezza su due filoni principali:

1 la ripresa dell’inflazione

2 i cali di borsa che dopo i primi giorni di debolezza si consolidino e accelerino al ribasso. Insomma i veri tracolli.

E’ bastato un giorno e le borse hanno dato il peggio ovvero il meglio per aiutare il metallo giallo s rompere gli indugi e dopo una lunghissima fase laterale effettuare una spettacolare rottura rialzista che ancora sui dati di ieri appariva improbabile o almeno prematura.

Il segnale che oggi poteva essere finalmente una buon giornata per l’oro è arrivato già di prima mattina con le pesanti chiusure asiatiche, tipiche delle fasi di panico, panico che a sua volta rimanda ai beni rifugio.

Una piccola aggiunta al buon umore dei compratori auriferi è poi arrivata anche da ti leggermente inflazionistici usciti in Spagna e Portogallo sugli IPC ovvero gli indici dei prezzi al consumo.

Come dire che se anche dai poverelli paesi della penisola iberica giunge qualche segnale di inflazione è evidente che questo spauracchio si sta aggirando per l’Europa pronto ad esplodere.

Ecco quindi che l’oro improvvisamente diventa l’antidoto perfetto essendo esso stesso e in via primaria bene che aumenta di prezzo con l’inflazione stessa.

Che poi sull’inflazione o meglio sull’umore con cui vengono accolte le relative variazioni percentuali si potrebbe scrivere un trattato giungendo a delle conclusioni. Dopo di che scriverne un secondo giungendo alle conclusioni opposte.

Mi spiego semplificando:  quando c’è inflazione tutti a dire che bisogna tenerla a freno addirittura a combatterla. E lo capiamo tutti prezzi in forte salita diventano fonte di impoverimento diffuso a fronte di benefici limitati anche per i produttori e i commercianti.
Viceversa quando essa va sotto controllo e badate bene non parlo di deflazione, viene quasi rimpianta e si attivano manovre monetarie iper espansive per riportarla in vita e in auge.

In sostanza pare che le banche centrali non abbiano ancora individuato un target ideale su cui posizionare quella che viene definita una sana inflazione intesa come sinonimo di crescita armoniosa.

Credo che il problema stia a monte: quando la BCE dice che la sua mission è il controllo dell’inflazione ci dà un segale preciso dei suoi compiti ma soprattutto dei suoi limiti. Peccato che poi essa si intrometta direttamente nelle scelte di politica economica dei vari paesi membri e mi riferisco in generale non tanto a quanto accaduto in questi giorni avverso all’Italia.

E qui, entro in un discorso generale e storicamente in accentuazione, subentra la debolezza dei governi che spesso nelle fasi critiche non sono in grado di incidere con decisioni coraggiose e di cambiamento sul ciclo economico e pertanto rimandano il peso maggiore delle criticità da risolvere proprio alla BCE e in generale alle banche centrali.
Anzi forse è proprio dagli Stati Uniti che anche l’Europa ha importato questa che in qualche modo va considerata una pericolosa dipendenza frutto di insipienza politica  intesa come progettualità ed idealità.

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