Rally dell’oro. Tanti i fattori determinanti, ma nello specifico potrebbero essere 4 quelli immediati.
Le parole di Tump
Trump non perdona e dopo i 75 miliardi di dollari di merci Usa e la minaccia di aumentare ancora di 5 punti le tariffe commerciali imposte da Washington, torna alla sua strategia del bastone e della carota. In questo caso la carota è rappresentata dalla riapertura, molto vicina, dei colloqui con la Cina. Ma i mercati non apprezzano questo tira e molla ed è per questo motivo che l’Asia vede Tokyo a -2,38%, Hong Kong -3%, Shanghai -1,18%. I minimi per alcuni con impostazioni al rialzo in futuro. Intanto, però, il rally dell’oro è un dato di fatto.
Le quotazioni dell’oro
I numeri non mentono e le quotazioni vedono un metallo giallo a 1.526 dollari l’oncia. L’escalation di queste ultime ore, quindi, favorirà le quotazioni del metallo giallo e dal momento che l’andamento delle trattative è quanto mai incerto, questo sostegno all’oro potrà rivelarsi anche più duraturo del previsto. In particolare ci potrebbero essere alcuni fattori determinanti del rally. Il primo, e più ovvio è, ad esempio, la crisi economica, per giunta ampliata dalle conseguenze della guerra dei dazi.
L’allarme dell’FMI
Lo stesso FMI avverte che la guerra commerciale avrà un impatto significativo sulla fiducia del mercato e metterà a rischio le attuali previsioni fatte sulla ripresa della crescita globale. Sulla falsariga delle tensioni commerciali c’è anche il 3 fattore a favore dell’oro: le tensioni geopolitiche. Non ci sono grandi conflitti nel mondo ma è innegabile che ci siano forti tensioni che potrebbero a loro volta complicarsi. Le tensioni con Hong Kong infuriano e coinvolgono sia l’oriente che l’occidente.
Tensioni internazionali
Nel frattempo, Kim Jong Un della Corea del Nord è impegnato a potenziare le sue capacità militari a discapito della serenità della Corea del Sud e del Giappone. In Medio Oriente, il rischio si chiama Iran. Giusto per evidenziare quelli più noti. Infine c’è l’instabilità monetaria che non esclude il processo di de-dollarizzazione del sistema economico. Processo che Russia e Cina sarebbero felici di stimolare. In tutto questo, complici anche le banche centrali, i rendimenti obbligazionari sono anormali, con una percentuale di bond a rendimento negativo che continua ad aumentare.