Obblighi vaccinali, falsi certificati ed analisi di costituzionalità: quali prospettive?

vaccinazione

Abbiamo analizzato diverse volte le problematiche del Green Pass, che molti interpretano quale mezzo surrettizio per imporre un obbligo vaccinale.

Ma esiste una normativa di legge che lo impone direttamente.

Si tratta di quella disposizione che impone al personale sanitario a contatto con il pubblico di sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid 19, tranne esenzione per particolari problemi medici.

Nel caso il personale lo rifiuti, può essere demansionato o sospeso, con perdita dello stipendio.

Tale problematica ha dato purtroppo luogo anche ad illeciti penali ed ora la normativa sta per affrontare un severo vaglio di legittimità.

Vediamo nelle prossime righe cosa sta succedendo.

Obblighi vaccinali, falsi certificati ed analisi di costituzionalità: quali prospettive?

Il certificato che attesta una vaccinazione è, a tutti gli effetti di legge, un atto pubblico. Ora, sia a fronte del Green Pass, che degli obblighi di legge per i sanitari, si stanno verificando casi di falsificazione dei relativi certificati.

Nel caso del Green Pass si tratta sostanzialmente di falsità materiale, in quanto l’atto non proviene dal pubblico ufficiale, adibito a rilasciare l’attestato, che è invece interamente falsificato.

Ma per scoprire se si tratti di falso basta una semplice app.

Ben diverso è il caso dell’attestato, rilasciato da personale medico ad altro personale medico. Si è infatti scoperto che vi sono anche medici compiacenti che, solitamente dietro corresponsione di una somma di denaro, rilasciano l’attestato di intervenuta vaccinazione a quel personale medico, che non intenda sottoporsi a vaccinazione. In questo caso non si tratta di falsità materiale, ma di falsità ideologica in atto pubblico, perché l’atto proviene effettivamente da chi doveva rilasciarlo, ma attesta circostanze false.

Ovviamente in questo caso scoprire l’illecito è decisamente meno agevole.

In tutti questi casi siamo di fronte ad atti esecrabili, che vanno duramente condannati.

Chi intenda effettivamente contrapporsi alle norme in materia lo deve fare nel pieno rispetto dell’ordinamento giuridico, e questa è, infatti, la via intrapresa da non pochi appartenenti al personale sanitario.

Il ricorso del personale sanitario

Ha destato un particolare clamore mediatico, in particolare, il ricorso presentato al Tar del Piemonte da parte di molti sanitari, soggetti ai provvedimenti di legge, per non essersi sottoposti alla vaccinazione.

Quali prospettive, dunque, riguardo agli obblighi vaccinali, falsi certificati e l’analisi di costituzionalità?

Ovviamente le seguenti sono considerazioni giuridiche, che prescindono dallo specifico ricorso formulato dal legale che rappresenta questi sanitari, non avendo avuto modo di leggerlo.

Ma tale ricorso ci consente di domandarci soprattutto se l’obbligo vaccinale possa considerarsi costituzionalmente legittimo, e quali risvolti potrebbe prendere il ricorso.

Al momento è stato disposto solo un rinvio del processo.

L’obbligo per i sanitari è costituzionale?

Con ogni probabilità verrà sollevata la questione della possibile illegittimità costituzionale dell’obbligo, ed occorrerà valutare se tale istanza sarà, intanto, accolta dal Tar, per un rinvio alla Corte Costituzionale.

Nelle more del giudizio, ci poniamo anche noi la domanda, che ci offre occasione delle seguenti considerazioni.

Alcuni fanno notare che la possibilità di obblighi di trattamenti sanitari, per disposizione di legge, è stabilita dalla Costituzione.

Ma la Costituzione dice anche altro, e di qui l’esigenza di una interpretazione in combinato disposto tra norme e principi giuridici.

Graduazione gerarchica di posizione giuridiche soggettive

Mentre quello alla salute viene concepito, dall’art. 32 Cost., quale vero e proprio diritto soggettivo, peraltro considerato fondamentale, nei confronti della collettività quello alla salute rappresenta un mero interesse.

C’è, tra i costituzionalisti e, più ingenerale, tra i giuspubblicisti, chi non ha fatto a meno di notare la diversa qualificazione della salute, se rapportata all’individuo e se, invece, rapportata all’interesse collettivo.

A tale riguardo si fa notare che non si tratterebbe, secondo una certa ermeneutica costituzionale, di pure differenziazioni terminologiche, ma di veri e propri concetti giuridici, nettamente differenziati.

Tutto questo, per affermare che le posizioni giuridiche dell’individuo e della collettività non sono poste sullo stesso piano.

Diritto ed interesse rappresenterebbero, quindi, posizioni giuridiche poste su livelli diversi di una gerarchia, nella quale l’interesse sarebbe, appunto, gerarchicamente subordinato al diritto.

Ne consegue che nell’ambito di un potenziale contrasto tra diritto ed interesse dovrebbe prevalere il primo.

Proprio come nel caso di specie, che vede contrapporsi un interesse generale, quello della collettività, al diritto individuale di scelta del trattamento sanitario.

Esiste effettiva contrapposizione?

Molti affermano invece che è un interesse preminente della collettività stabilire un obbligo vaccinale, ma questa affermazione si basa su un presupposto tutto da verificare.

L’interesse collettivo consiste in quanto segue.

Il vaccino impedirebbe i contagi.

Peccato che questo non sia ancora stato scientificamente dimostrato, anzi.

Secondo diversi studi i contagi non sarebbero impediti da eventuale presenza di vaccinati.

Al limite, possiamo forse aspirare ad un riduzione percentuale, ma attenzione.

Anche a tale riguardo, dobbiamo notare che il virus è in continua trasformazione.

Pertanto, quello che vale per le varianti attualmente diffuse sul territorio, potrebbe non valere già a distanza di alcune settimane o alcuni mesi.

Pertanto è legittimo sacrificare un diritto individuale a favore di un presunto interesse collettivo, che tra poco tempo potrebbe non essere più salvaguardato dall’obbligo vaccinale, anche ammesso che attualmente lo sia?

E questo proprio perché l’obbligo vaccinale non garantisce in alcun modo che, a fronte di possibili varianti, si impedisca anche solo il diffondersi del virus.

Quale certezza scientifica sussiste a tale riguardo?

Nessuna.

Pertanto anche la contrapposizione tra diritti individuali ed interessi collettivi non pare sussistere in questo caso e ne consegue che il sacrificio individuale non è dimostrato che sia strumentale alla tutela dell’interesse pubblico.

I limiti del trattamento sanitario

In ogni caso, viene precisato, sempre dall’art. 32 Cost., che il trattamento sanitario deve avvenire nel rispetto della persona umana.

Quindi, in primis, nel rispetto della sua salute. Ma un aspetto particolare del rispetto della salute non può non coinvolgere il rispetto delle condizioni di sicurezza.

Ora, nel caso dei vaccini, sappiamo che per arrivare alla loro realizzazione si richiede, in genere, molto tempo. In alcuni casi ci sono voluti anche 10 anni.

Questo, soprattutto perché solo nel lungo termine possiamo, appunto, conoscere con certezza eventuali effetti collaterali, che si estrinsecano solo in questo lasso temporale.

Diversamente, vengono formulate pure ipotesi, come ben evidenzia questo articolo.

Ne consegue che il rispetto del diritto alla salute, che pure deve essere presente anche in caso di trattamento obbligatorio, significa anche poter prevedere una eventuale sua obbligatorietà solo nei confronti di trattamenti che rispettino taluni parametri di sicurezza. Nel caso del vaccino contro il Covid 19, ancora non abbiamo dati certi su quali effetti collaterali possano verificarsi a medio e lungo termine, se non mere ipotesi probabilistiche. Mancherebbe quindi quella sicurezza del trattamento, che costituisce imprescindibile presupposto per la sua obbligatorietà

Sarebbe invece diverso obbligare alla somministrazione di un vaccino, per il quale si possa disporre di siffatti dati.

Complessivamente, sussistono quindi diversi risvolti, che potrebbero portare prima il Tar, poi la Consulta, a dichiarare una incostituzionalità dell’obbligo.

Un problema economico?

Ad avviso di chi scrive, il vero problema riconduce, in gran parte, all’aver voluto introdurre variabili economiche in tutto questo.

Infatti la normativa prevede anche la sospensione dallo stipendio.

E molto spesso, a prescindere dal caso di specie, si assiste ad una contrapposizione tra esigenze economiche, come quella di voler non consentire certi esami o certe cure a carico del SSN, perché ritenuti troppo onerosi, ed il diritto alla salute.

Probabilmente in questo caso il ricorso è dettato anche, o soprattutto, dagli aspetti economici.

Forse bastava che la norma in questione si limitasse a prevedere demansionamento o sospensione, ma con corresponsione dello stipendio per tutto il periodo, in cui il sanitario veniva sottoposto a tali provvedimenti

E chissà. Potrebbe anche succedere che si provveda a formulare qualche emendamento in tale direzione, ed in tal caso probabilmente un numero forse anche cospicuo di ricorrenti si ritirerebbe.

Questo agevolerebbe la conciliazione tra la volontà del governo di poter continuare a far uso dell’obbligo e quella dei sanitari di non subire quanto meno penalizzazioni economiche.

Anche perché, se la questione arrivasse sul tavolo della Consulta, nulla sarebbe scontato a priori. Ne potrebbe quindi conseguire anche una declaratoria di incostituzionalità. Peraltro con quasi inevitabili conseguenze anche su altre questioni, come il Green Pass e la eventuale obbligatorietà anche in ambito scolastico.

Conclusioni

A proposito di “Obblighi vaccinali, falsi certificati ed analisi di costituzionalità: quali prospettive?”, abbiamo quindi esaminato alcune problematiche in merito alla qualificazione giuridica della falsità relativa ai certificati vaccinali ed alla ipotesi di incostituzionalità degli obblighi vaccinali.

Abbiamo anche espresso un’opinione su quegli aspetti di economicizzazione della salute che, a nostro avviso, tendono a rendere più problematica una composizione degli opposti interessi in gioco.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box“e “PLT

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