Nuovi scenari geopolitici tra ricorsi legali e programmi presidenziali in USA

Trump Biden

Il conteggio dei grandi elettori sancirebbe la vittoria di Biden alle presidenziali in USA, smentendo il modello previsionale riconducibile a Google Trends o al metodo Ohio, che pur in diverse occasioni hanno dato, in passato, buona prova di sé.

Ma come è messa la questione dei ricorsi legali di Trump?

Quale probabilità hanno di risultare vittoriosi?

E, invece, quali programmi seguirebbe Biden, qualora definitivamente confermato presidente? E con quali effetti?

Gli scenari geopolitici tra ricorsi legali e programmi presidenziali in USA vanno delineando un quadro articolato e complesso, che potrebbe essere più difficile da decifrare, rispetto ad alcune analisi semplicistiche che stanno andando per la maggiore in questo periodo.

È sicuramente vero che gli USA hanno una tendenza a semplificare molti aspetti della vita sociale e politica. A partire dal bipartitismo, ad esempio, che si contrappone al multipartitismo diffuso invece in ambito europeo, ma diversi aspetti non vanno dati per scontati.

Possiamo quindi enucleare diversi punti, che meglio ci indirizzeranno nella nostra analisi.

  • Validità dei modelli previsivi
  • I ricorsi legali di Trump
  • I punti nodali del programma democratico

Validità dei modelli previsivi

Possiamo dire che abbiano avuto torto o ragione un po’ tutti.

Certi sondaggi hanno avuto ragione nel prevedere la vittoria democratica in termini di numero di grandi elettori.

Altri modelli, come quelli basati su Google Trends o la vittoria in Ohio, nell’indicare quanto meno che non vi sarebbe stato un risultato tale, da far accantonare la possibilità di ricorsi legali.

Ovviamente, se poi eventuali riconteggi conseguenti ai ricorsi sovvertissero l’attuale risultato, allora l’affidabilità dei diversi metodi si invertirebbe.

I ricorsi di Trump

Ma quali possibilità hanno i ricorsi di Trump di essere accolti?

In realtà molte analisi hanno sorvolato su questo tema , forse per una non compiuta comprensione di questa materia legale, per come viene trattata negli USA.

Intanto, occorre osservare che il capo del team legale di Trump non è certo un illustre sconosciuto. Si tratta di quel Rudolph Giuliani che ha ricoperto incarichi di primo piano nel sistema giudiziario penale USA. Oltre ad essere stato sindaco di New York.

Ed è interessante notare, a differenza di molte dichiarazioni contrarie sul punto, cosa ha detto a proposito di eventuali prove a supporto delle tesi trumpiane.

Ci sarebbero almeno una sessantina di testimonianze, circa la violazione del diritto di ispezione.

Di cosa si tratta?

Nel diritto elettorale statunitense osservatori delle diverse parti possono domandare di effettuare controlli e ispezioni.

Qualora tale diritto, considerato elemento fondamentale del sistema, viene in qualche modo impedito, allora si deve decretare il riconteggio.

In questo caso non si tratta di qualche testimonianza isolata, ma decisamente consistente in termini numerici.

Ne consegue che la base probatoria per i ricorsi effettivamente sussiste.

Peraltro Giuliani, quale legale, non rientra certo tra quegli avvocati che amano perdere tempo dietro ipotesi inconsistenti.

Non parliamo dell’ultimo praticante di qualche oscuro studio legale, ma di uno dei più importanti avvocati degli USA.

È quindi probabile che la questione ricorsi continui.

Prima presso le singole corti supreme dei diversi stati, poi presso la corte suprema federale, che peraltro presenta una maggioranza di giudici di orientamento conservatore, non certo favorevole ai democratici.

Ma se alla fine venisse confermato Biden?

Vi sono diversi elementi da considerare nella loro articolazione e complessità.

Intanto, sul piano internazionale si è erroneamente portati a considerare i repubblicano forieri di tensioni ed i democratici stabilizzatori.

La storia ci insegna qualcosa di diametralmente opposto.

La maggior parte delle volte sotto un presidente democratico eventuali tensioni internazionali sono sfociati in conflitti armati, mentre sotto un presidente repubblicano le azioni di forza sono state per lo più solo minacciate, ma solitamente eventuali conflitti armati sono terminati.

Su tutti basti ricordare il presidente democratico più famoso internazionalmente, Kennedy.

Proprio sotto la sua presidenza intervenne il tentativo di invadere la Cuba comunista di Fidel Castro, con il drammatico episodio dello sbarco alla baia dei Porci.

Seguì quindi la crisi dei cosiddetti missili di Cuba, che rischiò di deflagrare in un conflitto atomico, in primis tra Urss ed USA, crisi che conseguì a quel tentativo di invasione.

Sotto Trump la voce grossa la si è fatta certamente, nei confronti del nord coreano Kim Jong Un, per poi finire con una stretta di mano.

E con la Cina le tensioni si sono espresse a livello diplomatico e commerciale.

Sempre sotto un presidente repubblicano, Nixon, si realizzò uno dei programmi più intensi della diplomazia a stelle e strisce, con principale artefice Kissinger. Come non ricordare i suoi tanti voli in Cina?

Come non ricordare, invece, che sotto un presidente democratico, Truman, iniziò la guerra di Corea, che si chiuse sotto un repubblicano?

Le statistiche storiche ci dicono quindi che la definizione di tensioni internazionali tramite conflitti armati è più probabile sotto un presidente democratico. Mentre durante una presidenza repubblicana è più probabile che un conflitto armato finisca.

Sul piano interno

Uno dei principali drivers di una politica interna retta da Biden riconduce indubbiamente ad affrontare la pandemia in modo diverso rispetto a Trump.

Sicuramente con decisioni più simili a quelle europee, comprensive quindi di disposizioni obbligatorie su uso di mascherine e lockdown con larga diffusione territoriale ed estese nel tempo.

Il contraccolpo economico sarebbe assorbito soprattutto da un programma di consistenti investimenti. Ma dove trovare le risorse?

A parte l’inevitabile maggior indebitamento, pare che al tesoro si voglia mettere qualcuno che segua una politica economica opposta a quella di Trump.

Non alleggerimenti fiscali, ma incremento delle tasse. Al fine di affrontare sia il problema del debito, che le esigenze connesse ad un nuovo programma di investimenti pubblici.

Piacerà ai mercati?

Si apriranno probabilmente nuovi scenari geopolitici tra ricorsi legali e programmi presidenziali in USA. È ancora prematuro capire se i ricorsi di Trump saranno accolti, ma nel momento in cui scrivo il future sullo S&P 500 sta rompendo il bordo superiore del canale ribassista, in cui le quotazioni erano inserite dallo scorso settembre.

Evidentemente, i mercati hanno deciso di tributare un credito fiduciario a Biden, sia in termini di conferma definitiva del risultato elettorale, che di efficacia economica del suo programma.

Del resto, si sa, talora i mercati tributano un voto positivo, ma sempre pronti a ricredersi.

In realtà, potremo confermare definitivamente i risultati solo dopo aver potuto dire la parola fine sui ricorsi di Trump, o perché ritirati, o perché i competenti organi giudiziari li hanno definiti in un senso o nell’altro.

Non resta che seguire l’evolversi della situazione.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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