Nuove misure contro la pandemia: efficacia e motivazioni

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Le ultime notizie relative alla pandemia da Covid 19 evidenziano, purtroppo, per un verso un significativo incremento dei contagi anche da noi e, per altro verso, un ripensamento sulle misure da adottare.

Ma queste nuove misure contro la pandemia che efficacia possono avere, quali motivazioni e da quali fondamenti scientifici sono supportate?

Le due domande sono strettamente correlate.

Nuove misure contro la pandemia: efficacia e motivazioni

Infatti errare sui fondamenti scientifici comporta due gravi conseguenze.

Intanto, sul lato sanitario, se decorrelate rispetto alla effettiva situazione sanitaria, le misure adottate comportano il rischio d essere appunto inefficaci e quindi di non riuscire ad evitare l’ennesima ondata pandemica.

Non solo. Il sacrifico che tali misure comporta è spesso rilevante, sia in termini di impatto su diritti, anche costituzionalmente rilevanti, sia economici.

Pensiamo, ad esempio, al lockdown o all’insegnamento a distanza. Sacrifici che, quindi, potrebbero rivelarsi del tutto inutili.

L’efficacia dipende però anche da aspetti legati alla possibilità effettiva di far osservare determinate misure da un punto di vista legale.

Procediamo, quindi, con una disamina delle possibili nuove misure, esaminandole sotto il profilo della possibile efficacia e delle motivazioni scientifiche.

Lockdown per non vaccinati

Il presupposto scientifico di una tale misure riconduce, ovviamente, all’ipotesi che sarebbero essenzialmente i non vaccinati ad infettarsi e ad infettare.

La dinamica del vaccino, però, ha evidenziato che dopo un certo periodo di tempo, che mediamente viene ora indicato in 6 mesi (con alcune differenze tra i vari vaccini), la maggior parte dei vaccini disponibili pare perdere di efficacia. Ed anche chi a suo tempo vaccinato, quindi, potrebbe nuovamente ritrovarsi in una situazione di rischio sia attivo, che passivo. Ossia rischio sia di infettare, che di infettarsi.

Pertanto il lockdown non dovrebbe tanto distinguere tra chi vaccinato e chi no, ma tra chi ha fatto l’ultima vaccinazione entro i 6 mesi e chi prima.

E la nuova chiusura dovrebbe riguardare anche questi ultimi.

Fermo restando che verso il finire dell’efficacia anche chi abbia ancora anticorpi, non li possiede, in genere, in misura tale per una sufficiente risposta immunitaria.

Ma, a parte tale rilievo, che efficacia avrebbe tale misura quanto alla sua osservanza?

In effetti questo aspetto sarebbe un vero tallone d’Achille.

L’inosservanza di una tale misura sarebbe pecuniariamente sanzionata e, come sappiamo, questa sanzione potrebbe non essere sufficiente per convincere ad osservare la prescrizione.

Inoltre esistono molte eccezioni al divieto di uscire, come il dover fare la spesa, che possono essere usate come esimente anche per farla franca.

Obbligatorietà del vaccino?

Anche una tale misura ricadrebbe in una tendenza all’economicizzazione delle misure sanitarie, come già osservato in pregresse occasioni e spesso già successo nel nostro Paese.

La mera sanzione economica, infatti, non induce necessariamente al rispetto della misura.

L’obiezione che alcuni sollevano, che in Italia esistono già altri vaccini obbligatori, non tiene conto della diversità di situazioni.

Nel caso di vaccini come quello contro il morbillo, obbligatorio in ambito scolastico e prescolastico, l’obbligo riguarda un contesto in cui l’inosservanza della misura ha la possibilità di conseguenze giuridiche, non limitate a mere sanzioni economiche.

Oltre al divieto di accedere agli edifici, adibiti ad esempio a strutture scolastiche, si può intervenire pesantemente sulla posizione giuridica dei genitori, con possibilità di privarli della patria potestà.

Nel caso di un’inosservanza del lockdown per non vaccinati o di un obbligo vaccinale per la generalità della popolazione, dal momento che tali misure non sono inserite in un particolare contesto, tale da consentire sanzioni diverse da quelle economiche, è difficile pensare che si realizzi un rispetto del divieto.

Nel caso di lockdown per non vaccinati, tanto più che la generalità della popolazione potrebbe continuare ad avere libertà di movimento, con evidente difficoltà di cogliere le infrazioni.

O si fa riferimento ad un determinato contesto, come la scuola o il lavoro, oppure in quanto tale l’uscita in violazione di un lockdown, ad esempio, non coinvolgendo l’esercizio di altri diritti, non pare prescrizione tale da poter essere coattivamente imposta.

A meno di non assumere posizioni tipiche di uno stato dittatoriale, che facesse riferimento a forme di TSO o coercitive della libertà personale. Ma anche in tal caso, non vi sarebbero mezzi sufficienti per metterle in atto.

Quali misure, quindi, adottare?

Alla luce soprattutto degli ultimi dati scientifici, parrebbe più logico pensare a quello che, modestamente, noi pensavamo sin dalla prima fase della pandemia.

La misura vaccinale, per sua natura, incontra quanto meno dei limiti di efficacia in relazione alle varianti di un virus ed all’ambito temporale di durata degli anticorpi.

Pertanto è rilevante la reiterazione di un certo numero di dosi nel medesimo soggetto, nell’ambito di un programma continuativo. O comunque reiterato un certo numero di volte.

Pare, quindi, che la misura più logica da adottare sarebbe quella di consentire una reiterazione del vaccino entro i limiti temporali della sua efficacia.

A maggior ragione in quanto rivolta a chi già non ha mosso obiezioni alle precedenti somministrazioni.

Se, quindi, si ritiene che l’efficacia non vada oltre i 6 mesi, questa circostanza implicherebbe che, al fine di evitare nuove recrudescenze, sarebbe necessario disporre le vaccinazioni entro un termine che non superi i 6 mesi per la reiterazione.

Aspetti quantitativi

Continuando nell’analisi sulle uove misure contro la pandemia e la loro efficacia oltre che le motivazioni, sono anche alcuni aspetti quantitativi, legati alle diverse misure, che ci convincono della indicazione superiormente formulata.

Domandiamoci, infatti, quale sarebbe l’efficacia del vaccino adottando le diverse misure.

A quanto pare, i non vaccinati per i più diversi motivi (problemi medici, fobie, convincimenti ideologici…) sono circa 3 milioni.

Un pieno rispetto di misure anticontagio nei loro confronti, anche ammessa l’ipotesi del tutto irrealistica di una piena osservanza della misura stessa, produrrebbe quindi un effetto su circa 3 milioni di persone.

Nel frattempo però, ricomincerebbero le problematiche per tutti coloro, nei cui confronti il vaccino comincia a cessare di efficacia.

E costoro sono alcune decine di milioni.

Il divario è quindi evidente.

Quali prove a sostegno di un limite temporale di efficacia dei vaccini?

Le prove sui limiti temporali di efficacia degli attuali vaccini sono di due tipi, prove statistiche e collegate alle analisi di singoli soggetti.

Il primo tipo deriva dall’osservazione di recrudescenza pandemica collegata alle date, relative alle campagne di vaccinazione nei diversi Paesi.

Se, ad esempio, qualcuno si domanda perché in Italia, almeno sinora, la recrudescenza pandemica non ha condotto ai risultati negativi di altri Paesi, come la Gran Bretagna, la risposta principale riconduce proprio alla circostanza relativa alla diversa tempistica della relative campagne di vaccinazione.

Il secondo tipo di prova riconduce al conteggio, su singoli soggetti, contagiati o vaccinati, del numero di anticorpi nel tempo. A sua volta questo tipo di analisi, condotto su un certo numero di soggetti, produce una prova statistica della dinamica del virus o dei vaccini. Ciò integra la prova offerta dall’analisi delle ondate pandemiche rapportate alla tempistica della campagne di vaccinazione.

Conclusioni

Per concludere sull’argomento “Nuove misure contro la pandemia: efficacia e motivazioni”, va rimarcato come sia in corso un ripensamento sull’efficacia di precedenti misure, a dimostrazione che non sempre quelle assunte di volta in volta dalle competenti autorità garantiscono di essere le migliori possibili nella singola situazione.

È il caso dei Green Pass riferito a chi si è sottoposto ad un test, a dimostrazione che tale misura (la sottoposizione ad un test) non garantisce sicurezza dai rischi di infezione attiva e passiva. Peraltro anche questa una nostra supposizione, che avevamo evidenziato in precedenti occasioni.

Motivo per il quale si penserebbe di riservare il Green Pass a chi vaccinato o guarito.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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