Non solo lavoro straordinario ma il datore di lavoro deve pagare al proprio dipendente anche il tempo impiegato per queste operazioni

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Come è noto le parti che concludono un contratto di lavoro sono il lavoratore, colui che si obbliga ad una certa prestazione lavorativa, e il datore di lavoro, colui che si avvale della prestazione e si impegna a pagare un prezzo per il suo utilizzo. Il datore di lavoro ha un potere di tipo principalmente organizzativo nei confronti del suo dipendente. Andando più nello specifico, questo potere si articola in tre sottocategorie.

C’è il potere direttivo dell’articolo 2094 codice civile, il potere di controllo, e il potere disciplinare. Quest’ultimo è previsto dallo Statuto dei Lavoratori e dall’articolo 2016 codice civile. Questi poteri del dotare di lavoro sono diretti ad assicurare che l’impresa lavori in maniera coordinata e possa ottenere il profitto. Ed il datore di lavoro, come responsabile di questa attività, ha dei poteri di indirizzo.

Non solo lavoro straordinario ma il datore di lavoro deve pagare al proprio dipendente anche il tempo impiegato per queste operazioni

Il potere di direzione del datore di lavoro è costituito soprattutto da indicazioni, ordini e disposizioni. Salvo i casi previsti dalla legge, il lavoratore non può discostarsi da queste indicazioni. Va anche ricordato che il potere del datore di lavoro di indirizzo non può mai ledere i diritti fondamentali e la dignità del lavoratore. Gli ordini devono rispettare la legge.

A fronte di questi poteri, il datore di lavoro ha il dovere di corrispondere una somma per la prestazione del lavoratore. Deve pagare, dunque, tutte le ore di lavoro svolte dal dipendente, sia ordinarie che straordinarie. Non solo lavoro straordinario ma il datore di lavoro deve pagare anche tutta un’altra serie di prestazioni al dipendente che rientrano nel tempo lavorato.

La spiegazione della giurisprudenza

La giurisprudenza si è spesso impegnata nella qualificazione di alcune operazioni come rientranti nel tempo lavorato e dunque nell’attività lavorativa. In questo caso, ad intervenire è stata la Corte di Cassazione con ordinanza 9306 del 2022. La vicenda analizzata riguardava alcuni infermieri di un’Azienda sanitaria locale che chiedevano la retribuzione di 15 minuti per turno lavorativo aggiuntiva. Tale tempo era quello necessario per indossare, e poi togliersi, la divisa per svolgere la prestazione lavorativa.

La Corte di Cassazione ha riconosciuto agli infermieri il diritto al pagamento del tempo di vestizione. Questo perché l’operazione di vestizione con divisa è un adempimento riconducibile al contratto di lavoro. Detto in maniera tecnica, utilizzare la divisa comporta il corretto adempimento della prestazione derivante dal contratto di lavoro. Proprio la necessità, pretesa dal datore di lavoro, dell’utilizzo delle divise durante l’attività lavorativa determina che queste facciano parte della prestazione del lavoratore. Il datore di lavoro, come visto, ha l’obbligo di retribuire le ore lavorate e la prestazione lavorativa del dipendente. Vestizione e svestizione, per i giudici, rientrano a pieno titolo nel tempo di lavoro.

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