Nella loro versione italiana le bacche di Goji stanno spopolando per il loro fantastico contributo al nostro organismo

bacche goji

Nella tradizione britannica, ricca di leggende, di draghi e cavalieri, le chiamano addirittura “frutti del lupo”. Il loro nome scientifico è “Lycium barbarum”, ma noi le conosciamo come bacche di Goji. Sempre più presenti negli espositori della frutta secca, in comode monoporzioni, in quasi tutti i supermercati. Nella loro versione italiana le bacche di Goji stanno spopolando per il loro fantastico contributo al nostro organismo. In questo articolo vedremo perché sempre più aziende italiane stanno coltivando questi frutti, arricchendo le nostre tavole.

Recente in Italia ma antichissimo in Cina

Le bacche di Goji sono un alimento originario della Cina, e, qui è conosciuto e usato da secoli. In Italia è arrivato sull’onda dei cosiddetti “superfood”, quei cibi considerati anche dall’OMS degli alimenti completi e ricchi di nutrienti. Perché, gli appassionati di queste bacche, dovrebbero preferire le coltivazioni italiane? Per un semplice motivo: i pesticidi. Come abbiamo, infatti spesso trattato su queste colonne, il livello di pesticidi usati in Oriente è fuori dai criteri di sicurezza europei. In pratica: se vogliamo le bacche di Goji, prendiamole nostrane e da coltivazione biologica. Ecco, perché nella loro versione italiana le bacche di Goji stanno spopolando per il loro fantastico contributo al nostro organismo.

Benefici impressionanti

Queste bacche possiedono una concentrazione di antiossidanti davvero incredibile. Se pensiamo che, a parità di peso, vantano:

  • 20 volte gli antiossidanti degli agrumi;
  • 8 volte quelli del melograno;
  • più del doppio di quelli dei frutti di bosco.

Parliamo di una nicchia di mercato della salute che si sta espandendo a macchia d’olio e che nel nostro paese, vede ormai coltivazioni in diverse zone. Tanto da fare del nostro paese oggi, il maggior produttore continentale di bacche di Goji. Attenzione, quindi alla solita incognita che si cela dietro al prezzo e alla filiera produttiva. Non facciamoci irretire dal nome di provenienza, come Tibet, o fantasmagoriche regioni della Cina. A queste, preferiamo i prodotti italiani, maggiormente controllati e dalla filiera certificata. Magari spenderemo qualcosa in più, ma a tutela della nostra salute.

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