Mercati e modello Fed: sotto o sopravvalutati? Intervista a Gian Piero Turletti

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Intervista a Gian Piero Turletti

Autore metodo Magic box in 7 passi

 

Come funziona il modello FED ed a cosa serve?

Si tratta di un cosiddetto modello econometrico, che cioè utilizza alcuni parametri economici, per consentire la stima di variabili come rendimento ed intrinseco valore (fair value) dei mercati finanziari, o anche di singoli titoli.

Viene definito modello FED per il largo uso, anche se non confermato ufficialmente, che ne ha fatto la Federal statunitense ed in particolare l’allora presidente Greenspan.

Il modello parte dal rendimento dei titoli di stato decennali, considerati come titoli prossimi al rischio zero, e considera sui mercati azionari l’inverso del parametro prezzo/utile per azione, cioè il rapporto utile/prezzo, per stimare sopra e sottovalutazione dei comparti azionario ed obbligazionario comparandoli reciprocamente.

Viene considerato a sconto il comparto che rende di più, e simmetricamente considerato a premio, cioè caro, quello che rende di meno.

Può farci un esempio?

Ipotizziamo che l’utile medio per azione di un determinato indice azionario, basato sulle stime di consensus di un panel di analisti, sia 1, e che il relativo indice azionario abbia un prezzo di 10.

Il rendimento implicito sarà 1/10, cioè il 10 per cento, o espresso in forma percentuale 0,1, che corrisponde ad un p/e di 10, cioè 10/1.

Se in quel momento i titoli di stato a 10 anni del paese, cui si riferisce l’indice azionario, rendono un 10 per cento, allora i due comparti, azionario ed obbligazionario, sono in equilibrio, mentre nel caso in cui, invece, uno dei due comparti dovesse rendere maggiormente, sarà quello da preferire.

E’ anche possibile pertanto stimare il cosiddetto p/e di equilibrio di un mercato azionario, utilizzando il modello FED, cioè giungere ad una stima del valore di equilibrio degli indici azionari o di singoli titoli?

Almeno teoricamente sì, nel senso che basta dividere il numero 1 per il rendimento dei titoli di stato decennali, relativi al medesimo paese, per ottenere il valore di p/e di equilibrio.

Se, ad esempio, il rendimento del titolo decennale è il 3 per cento, allora abbiamo: 1/0,03 ed otteniamo 33,33 quale p/e di equilibrio.

Infatti, se dividiamo 3 per 33,33, otteniamo appunto un rendimento del 3 per cento.

Tuttavia, quando i rendimenti dei titoli scendono sotto una determinata soglia, come nell’attuale periodo, contrassegnato come mai, prima, da un così prolungato calo dei rendimenti, ci si pone l’interrogativo sulla validità del metodo.

Infatti, ogni modello econometrico parte da alcuni presupposti teorici, che talora possono essere messi in dubbio.

Nel modello Fed si parte dal presupposto che l’investitore preferisca investire su un determinato comparto solo perché rende maggiormente rispetto al comparto concorrente, ma non è detto che un investitore lo farebbe comunque, al di sotto di una certa soglia di rendimento.

Questo comporta che l’uso del modello per stimare il cosiddetto p/e di equilibrio, o fair value, non è detto che possa spingersi all’infinito.

E, quindi, si pone l’interrogativo di quale sia il limite più elevato di fair value, che ragionevolmente possa essere stimato dal modello.

Come noto, infatti, in alcuni contesti i rendimenti dei decennali stanno spingendosi verso zero, o sotto zero, ma, come sappiamo, un numero non può essere diviso per zero, né avrebbe senso applicare la formula con tassi negativi.

Occorre quindi domandarsi quale sia l’intrinseco limite del modello nella valutazione dei titoli e degli indici azionari.

Quale risposta può essere data al quesito?

Secondo taluni, può essere posto come limite al modello il valore più elevato di p/e riscontrato storicamente sui singoli titoli o indici.

Personalmente, questo ragionamento tuttavia non mi convince, perché determinati valori elevati di p/e possono essere stati raggiunti in circostanze economiche diverse dalle attuali, e non è quindi detto che siano necessariamente limiti invalicabili.

Come fare, quindi, per superare il problema?

Solo l’andamento futuro degli indici potrà dirci, in concreto, quale possa essere un valore limite di p/e ed un correlato rendimento, dato dal parametro e/p, oltre il quale i mercati non arrivino a spingersi.

Ma possiamo ugualmente usare il modello FED per definire una semplice ed efficiente asset allocation.

Stimiamo i rendimenti delle azioni tramite il parametro e/p, e l’investimento in azioni converrà e dovrà essere preferito, rispetto al comparto obbligazionario, fin tanto che il rendimento del primo sarà superiore a quello dei titoli di stato decennali.

In questo modo, viene superato il problema di stabilire un valore di soglia limite del valore intrinseco dei mercati, anche perché non possiamo definire a priori il limite al ribasso che verrà raggiunto dai rendimenti dei decennali, e quindi sarebbe vano comunque stimare il relativo fair value di equilibrio sui mercati azionari, in base ad un valore di rendimento, che al limite potrebbe essere quello attuale, ma che non possiamo prevedere con certezza per il futuro.

Applicando pertanto il modello FED in questo modo, quali indicazioni ne possiamo trarre?

Risulta evidente che siano da preferire in generale i mercati azionari, che presentano tuttora rendimenti decisamente più elevati, rispetto al decennale statale.

Di seguito i rendimenti dei diversi indici azionari, confrontati con il rendimento dei relativi bond statali decennali:

S & p 500:

rendimento basato sul parametro e/p 4,56.

Rendimento decennale 2,112.

Dax:

rendimento basato sul parametro e/p 4,73

Rendimento decennale 0,357

Nikkei:

rendimento basato sul parametro e/p 5,4

Rendimento decennale 0,38

Ftse mib:

rendimento basato sul parametro e/p 3,28

Rendimento decennale 1,486

Cac 40:

rendimento basato sul parametro e/p 4

Rendimento decennale 0,623

Ftse 100:

rendimento basato sul parametro e/p 4,17

Rendimento decennale 1,85.

Complessivamente, i mercati azionari risultano ancora ampiamente sottostimati, rispetto al loro potenziale di apprezzamento conseguente al raffronto con i rispettivi bond statali decennali.

A questo punto si aprono due prospettive alternative di fondo: o un consistente riallineamento al rialzo del rendimenti dei titoli di stato, oppure una continuazione del trend al rialzo dei mercati azionari.

Considerate, tuttavia, le variabili macroeconomiche in gioco, come quantitative easing e prospettive inflazionistiche, pur potendosi assistere ad un riallineamento dei tassi in senso moderatamente rialzista, è probabile che il riallineamento su rendimenti di equilibrio proverrà soprattutto dal comparto azionario, che quindi nel lungo termine, per i motivi di analisi fondamentale che abbiamo esaminato, ha ancora molta strada al rialzo davanti a sè.

 

 

 

 

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