L’intervento di Conte in aula: un elenco di misure, ma quante sono quelle effettivamente risolutive?

Giuseppe Conte

Inutile nasconderlo.

Se si desiderava cogliere, nel discorso del Presidente del Consiglio tenuto ieri alla Camera dei deputati, qualche indicazione di misura risolutiva per alcune delle principali problematiche italiane, probabilmente si sarà rimasti delusi.

A tale riguardo occorre richiamare un compito rilevante del ruolo anche dell’ analista, non solo del politico, quello di dire onestamente cosa si pensi dell’efficacia delle misure che, in determinate occasioni, il Presidente del Consiglio va prospettando.

Questo articolo è proprio finalizzato ad offrire una serie di riflessioni su quello che è stato l’intervento di Conte in aula, non tanto sotto il profilo politico, quanto piuttosto dal punto di vista economico e operativo, evidenziando le motivazioni che contribuiscono ad un giudizio di inefficacia ed inefficienza di una serie di provvedimenti.

Certo, non affronterò tutte le misure che il Governo ha preso e che assumerebbe, se ottenesse una nuova fiducia, concentrandomi comunque su alcuni punti essenziali, e cercando di capire cosa non vada.

Quello che Conte ha presentato è in effetti sia un bilancio consuntivo, che un programma politico, finalizzato ad ottenere un nuovo voto di fiducia.

Ma quanto di quello indicato è realmente valido?

L’intervento di Conte in aula: un elenco di misure, ma quante sono risolutive?

Un primo grave problema: quello dei cosiddetti ristori

In tutto quello che Conte ieri ha detto, a mio avviso troppe poche parole sono state quelle dedicate agli aspetti economici, conseguenti alla pandemia.

Non si vuol negare che il Governo abbia preso dei provvedimenti, come ad esempio in materia di cuneo fiscale, ma il problema principale è un altro.

L’impostazione generale della politica economica del Governo, per cercare anche di contrastare gli effetti recessivi della pandemia, rientra pur sempre in una cornice di limiti europei, che al massimo consentono un indebitamento per coprire parte delle perdite subite dagli operatori economici, tramite trasferimenti di risorse ai medesimi, appunto i cosiddetti ristori.

Questo sistema serve al più per limitare i gravi danni che la pandemia sta provocando, ma certo non serve a risolvere il problema.

Con quello che ho definito sistema del debito, certo non si può pensare di risolvere effettivamente la questione.

Servirebbero molti più soldi, che i parametri finanziari non consentono di sostenere, e quanto elargito non è risolutivo.

Né lo sarà il continuare in questo sistema in futuro.

La ovvia dimostrazione, il numero di imprese che hanno chiuso.

Probabilmente non è un caso che Conte abbia messo l’accento sul numero di bonifici, non sul numero di imprese che hanno chiuso i battenti.

Perché invece non ha detto come intende porre rimedio al fatto che tale sistema è del tutto inadeguato a risolvere il problema?

Probabilmente perché ben lo sa, ma evidentemente, volendo restare all’interno di quello che egli definisce europeismo, sa altrettanto bene che più che alleviare il problema, non potrà fare.

Recovery Plan

L’unica alternativa che ci consente l’UE è un uso del Recovery Plan, che sia in grado di generare un tale sviluppo economico, da coprire sforamenti di bilancio ed esigenze di tamponamento della situazione, nel frattempo.

I miliardi derivanti dal Recovery Plan non serviranno, infatti, per coprire precedenti debiti, ed in gran parte formeranno, a loro volta, altro debito.

È in grado il Governo di utilizzare tali risorse per conseguire uno sviluppo economico, tale da consentire poi entrate fiscali in grado di ricoprire il vecchio ed il nuovo debito?

Sinceramente, più di un motivo induce a dubitarne.

Proprio anche in considerazione del tipo di provvedimenti già assunti nel corso di ben due Governi, Conte primo e secondo.

Dobbiamo infatti evidenziare che il Presidente del Consiglio ha detto chiaramente che intende perseguire sulla strada, ad esempio, di alcune iniziative già prese.

Riqualificazione degli edifici

In vari ambiti, tra cui quello della riqualificazione energetica e sismica degli edifici.

Allora domandiamoci se effettivamente i provvedimenti assunti in materia di cosiddetti bonus fiscali in materia abbiano prodotto conseguenze negative o positive.

Al di là della difesa retorica di certi provvedimenti (e non poteva essere diversamente) la realtà è ben diversa.

Si tratta di interventi che, in sostanza, non venivano decisi dai proprietari a fronte di un costo considerevole.

Ora, benché il Governo dica il contrario, non è vero che si è provveduto a renderli gratuiti.

Anche utilizzando un mezzo come la cessione di credito, sul cittadino, pensiamo ad esempio ad un condomino, resta la spada di Damocle che il fisco non riconosca il bonus. E, dal momento che la generalità delle ditte non si fida del Fisco, ha preteso una cessione pro solvendo. Questo implica che se qualcosa va storto e la ditta non si vede riconoscere il diritto di credito, si rivale sul cittadino, e sarà quindi comunque questo a doversi far carico dei costi degli interventi.

Ma questo comporta ulteriori problemi

Se a sua volta il cittadino è inadempiente, ad esempio per problemi economici, nei confronti della ditta incaricata dei lavori, sarà questa a subire un danno economico, per aver sostenuto costi poi non ripagati.

Ma anche tutta questa ipotesi di un rilancio lascia il tempo che trova.

Dal momento che i costi non sono annullati dal Governo, ma semplicemente compensati in via eventuale, con la cessione pro solvendo, un condomino potrebbe anche domandare l’applicazione dell’art. 1121 comma 2 del codice civile, facendo valere il diritto a non farsi carico, pro quota, di costi di un eventuale intervento.

In tal modo, gli altri condomini, favorevoli, sapendo di dover sostenere tutto il peso economico dell’intervento, probabilmente rinuncerebbero. Non certo un incentivo a sviluppare questo tipo di opere.

Reddito di cittadinanza e navigator

L’intervento di Conte in aula: reddito di cittadinanza e navigator. Un altro provvedimento, questa volta riconducibile al primo Governo Conte, che ha dimostrato di essere solo in grado di far buttare soldi dalla finestra, è il reddito di cittadinanza.

Ha forse risolto il problema della povertà?

Non pare.

Ha almeno contribuito a dare lavoro stabile alla cosiddetta figura del navigator?

Neppure.

Infatti è evidente che, non riuscendo il navigator a trovare lavoro per il percettore del reddito, a sua volta diviene inutile anche la relativa funzione.

Insomma, potremmo dire all’insegna dell’abbiamo scherzato.

Una società più inclusiva?

Conte ha parlato anche dell’obiettivo di una società più inclusiva.

Mi domando: come quella che consente a determinate categorie di usufruire di trattamenti giuridici di vantaggio rispetto al resto dei cittadini?

Penso in particolare alla categoria dei magistrati, che non soggiacciono alle stesse norme, in materia di responsabilità civile, che invece si applicano al comune cittadino.

Perché Conte non ci dice se intende abolire quel vero e proprio obbrobrio che sono le norme sulla responsabilità civile dei magistrati?

A quanto pare, non si intende certo agire in tal senso.

Conclusioni

L’intervento di Conte in aula ha certo elencato una lunga serie di provvedimenti realizzati.

Ma non basta un Governo in carica per risolvere i problemi.

E neppure una miriade di provvedimenti, passati o futuri.

Dipende dagli effetti che questi provvedimenti producono.

Di qui, come dicevo, una lunga elencazione di provvedimenti, ma quanto ai relativi risultati, non a caso, Conte ha decisamente sorvolato, per usare un eufemismo.

Oggi vedremo se otterrà la fiducia nel voto decisivo al Senato.

Appunto. Risolutivo per la sopravvivenza del Governo, non certo per trovare una soluzione effettiva dei problemi italiani.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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