L’inflazione fa perdere soldi ai creditori o ai debitori?

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L’inflazione in economia indica il generale aumento dei prezzi dei beni e dei servizi che compriamo ogni giorno. Al supermercato, al distributore, nelle bollette domestiche, al bar, etc. I prezzi, per una o più ragioni, aumentano e le nostre banconote perdono potere d’acquisto. Ma l’inflazione fa perdere soldi ai creditori o ai debitori?

Spiegato più semplicemente, vuol dire che con un biglietto da 10 euro il 1° gennaio compriamo ad esempio 6 litri di carburante. Al 31 dicembre di quell’anno invece, sempre con quella stessa banconota, possiamo portare a casa solo 5,5 litri di carburante. Il nostro denaro ha perso potere, si è svalutato per colpa dell’inflazione.

Inflazione e tassi d’interessi reali

Da anni ormai, le Banche centrali di mezzo mondo sono alle prese col problema di voler far ripartire l’inflazione, senza riuscirci. Perché perseguono con insistenza quest’obiettivo? Perché ha a che fare con la propensione a spendere delle famiglie e a investire delle imprese. Spieghiamolo: poiché oggi tutti si aspettano inflazione bassa nel breve e medio termine, nessuno ha motivo ad accelerare i tempi. Ossia di anticipare ad oggi spese di consumo e di investimento che potrà invece fare comodamente anche domani.

L’inflazione per chi ha un debito e per chi l’ha concesso

Ora, nella pratica quotidiana, ci chiediamo se l’inflazione fa perdere soldi ai creditori o ai debitori.

Chi ha contratto debito a tasso fisso e per un lungo periodo di tempo, ha tutta la convenienza e la speranza che l’inflazione risalga, e quanto prima pure. E questo perché in tal modo a scadenza avrà restituito, al suo creditore, meno soldi in termini reali.

Esempio: se il signor Mario Rossi nel 2020 prende in prestito 50 mila euro per 15 anni al tasso fisso annuo del 2% e l’inflazione passa al 3% annua, ci guadagna. A scadenza, avrà restituito meno, in termini reali, al suo creditore. Oggi ad esempio con quella somma si compra una lussuoso SUV intero. Tra 15 anni, sommando tutte le rate mensili che avrà incassato, chi ha concesso il credito su quel SUV lo potrà avere, ma non intero. Ad esempio mancheranno le 4 gomme o il motore o altro, solo perché l’importo dato non è sufficiente per il 100% di quel SUV. La maggiore inflazione lo avrà reso più povero rispetto ai 50 mila euro che aveva 15 anni fa. Tradotto, ci ha guadagnato il debitore.

Le aspettative

Ecco dunque spiegato perché è importante studiare l’inflazione attuale ma anche le sue le aspettative future. In economia e in finanza si cerca di prevedere l’andamento futuro dei tassi d’interesse per capire come proteggere i propri risparmi. Ma anche per decidere quand’è il momento opportuno per fare investimenti. Per un mutuo, o per il rinnovo dei macchinari in un’azienda, o per l’acquisto di un BTP o di un Buono fruttifero postale. Vediamo perché.

Se una famiglia desiderosa d’acquistar casa s’aspetta una futura risalita dei tassi, trova conveniente contrarre un mutuo a tasso fisso oggi. Ma c’è un problema: gli istituti bancari hanno più informazioni rispetto ai cittadini. Quindi concederanno quel mutuo anticipando i tempi applicando dei tassi un pò più alti sin dall’inizio.

L’inflazione fa perdere soldi ai creditori o ai debitori?

Anche le aziende pianificano i loro investimenti quando il costo del denaro è basso. A loro infatti conviene prendere in prestito quando il tasso reale (uguale al tasso nominale meno l’inflazione) è prossimo allo zero.

Infine l’inflazione rientra anche nelle decisioni d’investimento. Si pensi al signor Mario Rossi che investe 50 mila euro in un BTP o Bfp a lunghissima scadenza e a tassi attivi risicati. Poi ipotizziamo che l’inflazione dovesse risalire assai nel futuro più o meno prossimo; avrebbe compiuto una scelta infelice. Spieghiamo perché: se l’inflazione risale, i futuri tassi salirebbero e il mercato venderebbe i vecchi titoli per comprare i nuovi. Ciò determinerebbe una discesa dei prezzi di questi asset sul mercato secondario. A quel punto, il rischio sarebbe duplice: portare a casa un’eventuale perdita, ma soltanto se si decide di vendere prima della naturale scadenza dell’asset. Secondo, si sarebbe comunque perso migliori occasioni di rendimento sul mercato.

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