L’indice dei prezzi al consumo nella zona euro ha superato il tasso obiettivo del +2,0%

Banca Centrale Europea

Lo scorso luglio, l’indice dei prezzi al consumo nella zona euro ha superato il tasso obiettivo del +2,0% appena fissato dalla Banca Centrale Europea nella sua nuova strategia monetaria. L’incremento è stato dovuto principalmente all’aumento dei costi energetici.

Più precisamente, il tasso d’inflazione complessivo nell’area euro è salito al +2,2% su base annuale, dal +1,9% del mese precedente. Esattamente un anno fa, lo stesso tasso era pari al +0,4%, quasi due punti percentuali in meno. Una differenza, questa, del tutto significativa.

Se si analizza il dato relativo all’Unione Europea, l’inflazione è risultata ancora più alta, dal momento che il tasso d’inflazione complessivo calcolato su base annuale è salito a luglio del +2,5%, dal +2,2% di giugno e dal +0,9% di un anno fa.

Sempre rimanendo nell’eurozona, i costi legati alla componente energetica sono stati responsabili per 1,34 punti percentuali dell’aumento dell’inflazione complessiva, con i prezzi del petrolio che hanno raggiunto nuovi massimi congiunturali nel mese di luglio.

Il tasso annuale di inflazione dell’eurozona ha così toccato il suo livello più alto dalla fine del 2018 e, come si diceva, si trova ora al di sopra del tasso obiettivo del 2,0% della BCE.

L’indice dei prezzi al consumo nella zona euro ha superato il tasso obiettivo del +2,0%

Occorre così porsi la domanda delle domande, quella sulla quale stanno ragionando tutti gli analisti: l’aumento dei prezzi sarà un fenomeno permanente o soltanto temporaneo?

Come al solito, nell’analisi macroeconomica, è difficile fare previsioni ma i recenti dati sulle difficoltà negli approvvigionamenti a vari livelli della global supply chain lasciano ragionevolmente pensare che il ritorno a regime delle forniture non sarà né semplice né tantomeno rapido. Una prova di questa difficoltà l’abbiamo avuta dall’ultimo dato sull’indice dei prezzi alla produzione della Germania, salito del +1,9% lo scorso luglio, dal +1,3% del mese precedente e molto al di sopra delle aspettative degli analisti, che prevedevano una crescita soltanto del +0,8%.

Su base annuale, l’aumento, sempre nello stesso mese, è stato addirittura del +10,4%, una crescita a doppia cifra dei prezzi produttivi che le imprese tedesche, quasi certamente, finiranno per scaricare sui prezzi finali. Il rischio è così quello della creazione di una spirale inflazionistica che, in un paese come la Germania – storicamente fobico nei confronti dell’aumento dei prezzi – potrebbe presto scatenare forti proteste nei confronti della politica monetaria della Bce, ritenuta dai politici tedeschi eccessivamente espansiva. A poche settimane dalle elezioni che dovranno decidere il successore della cancelliera Angela Merkel, potrebbe essere questo un elemento di forte instabilità politica per l’intero futuro dell’eurozona.

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