«L’immagine della bomba al fosforo non è contestualizzata» distinguere informazione e propaganda con il giornalista RAI Caggiano

Antonio Caggiano

«È importante fare attenzione e non essere strumento del messaggio di informazione governativo ucraino o russo» nel difficile compito di distinguere l’informazione dalla propaganda. «L’immagine della bomba al fosforo non è contestualizzata». Ci racconta la sua esperienza il giornalista Antonio Caggiano, in forza nella redazione di RAI News. Il concetto di verità, la differenza di tra ieri e oggi nel raccontare le notizie dal fronte. Gli incontri professionali che custodisce e hanno segnato il suo percorso professionale e umano.

Lei è stato in Kosovo nel 2008. Come si racconta la guerra? Il modo di fare informazione dal fronte di oggi è diverso?

«Sì, sono stato in Kosovo nel 2008 e ci sono andato dopo aver seguito un corso organizzato per giornalisti in aria di crisi. Il corso era organizzato dallo Stato Maggiore della Difesa. Un percorso formativo che non si fa spesso. All’epoca lavoravo per TeleCamere su RAI 3. Poi sono andato in Kosovo al seguito del contingente italiano. Non era la fase acuta ma comunque turbolenta. Quando ci sono stato io c’è stata l’uccisione del “casco blu”, un’agente di nazionalità ucraina appartenente alla missione ONU. C’erano gli scontri con i nazionalisti serbi nella città di Mitrovica. In quel caso si trattava di una guerra davanti casa nostra con una partecipazione attiva dell’Italia che consentì il decollo degli aerei dalle basi NATO».

Oggi cosa cambia rispetto alla guerra in Ucraina?

«Adesso è un po’ diverso. La caratteristica di questo conflitto dal punto di vista giornalistico sta nell’informazione. Entrambe le forze in campo usano strumenti di falsa informazione per portare acqua al proprio mulino. Chiaramente la guerra c’è, è un dato di fatto ma ci sono false informazioni. È importante fare attenzione e non essere strumento del messaggio di informazione governativo ucraino o russo. Devi essere sul posto e metter in campo i dubbi che hai. Uno dei primi direttori, Gianni Festa, mi diceva sempre che il giornalista deve essere ignorante. Cioè deve andare sul posto e capire come stanno le cose realmente come non sapesse nulla».

«L’immagine della bomba al fosforo non è contestualizzata» distinguere informazione e propaganda con il giornalista RAI Caggiano. Come si distingue la propaganda dalla verità?

«Ho visto colleghi alla ricerca dello scoop con immagini di bombe al fosforo ma sono decontestualizzate. In questo caso mi chiedo se la bomba sia esattamente esplosa lì perché c’è un’immagine stretta e non c’è riferimento geografico né di contesto. L’inquadratura non è mai larga quindi la prendo come un’immagine difficile da verificare. È importante fare debunking, cercare conferme, verificare. Poi che ci siano atrocità è fuori dubbio e sono sotto gli occhi di tutti».

La sua esperienza da inviato di TeleCamere di RAI 3. Ci sono servizi che in qualche modo hanno segnato la sua esperienza e magari anche la sua personalità?

«Diversi. C’è un servizio che ricordo sempre con grande gioia per averlo fatto e anche con tristezza per la persona intervistata. Sono stato l’ultimo ad ascoltare per la TV Adriano Lombardi (calciatore e allenatore) poi si ammalò di sclerosi laterale amiotrofica. Non riusciva più a parlare, respirava con la respirazione assistita e veniva alimentato dalla trachea. La moglie faceva da interprete. Lo intervistai in quelle condizioni e fu davvero toccante. Lui voleva parlare per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sua condizione e mi colpì la risposta ad una domanda in particolare. Gli chiesi cosa gli mancasse di più e mi aspettavo mi dicesse la camminata, lo sport. Invece mi disse che gli mancava la sua voce e non il calcio. Un’altra scena che custodisco è l’esultanza di una bambina in Kosovo al vedere i soldati. Saltellava e diceva “Italia”».

E poi…

«Feci un’intervista a Marcello Lippi. Mi misi d’accordo con il barista vicino casa sua e gli dissi che quando sarebbe entrato Lippi lui doveva chiedergli “ma li vinciamo i mondiali?”. Così fece e Lippi rispose “vedremo”. Poi vinse davvero e adesso quando mi vede mi considera un po’ un portafortuna».

Oggi fai lo stesso lavoro in forma diversa, più desk e meno presenza sul campo. Quale delle due modalità preferisci?

«Sono dell’idea che bisogna cambiare ogni tanto. Premetto che amo profondamente l’azienda per la quale lavoro che è la RAI ed è il luogo dove ho fatto un po’ di tutto. “Mi manda RAI Tre”, “I Fatti Vostri”, poi l’Ufficio stampa per la RAI per otto anni. Per tre anni sono stato Responsabile di Comunicazione di RAI1, un’esperienza un po’ lontana dal giornalismo tradizionale che mi ha fatto seguire varie trasmissioni come il Festival di Sanremo. Per un anno sono stato a RAI Radio 2 dov’è tutto un altro Mondo. In ultimo, in ordine cronologico, col Direttore Antonio Di Bella ho lavorato per rilanciare il sito di RAI News. Stava costruendo la squadra e coinvolse anche me e fu una nuova finestra. Adesso da dicembre siamo partiti puntando anche alle informazioni durante la notte.  L’ultimo mese abbiamo avuto un incremento del 140% come visualizzazioni».

Si parla a volte della ricerca di un giornalismo indipendente, obiettivo, libero… Sappiamo che quasi mai è esattamente percorribile come strada. Cosa ci dice in merito?

«La verità in senso assoluto non esiste perché se io faccio cadere un libro a terra, c’è il fatto in sé. Ma tu ed io possiamo dirlo in modo diverso. Quindi un fatto può essere descritto in tanti modi diversi. Perché la visione della realtà è condizionata dalla personalità di ognuno. Dalla cultura, dalla provenienza geografica, dal genere. L’importante è che ci sia sempre onestà intellettuale».

Lei ha un curriculum fitto. C’è qualcosa che non ha ancora fatto e Le piacerebbe fare?

«Sì, nel 2019 ho scritto il mio primo libro “Guarda che mun tunait”. Mi sono divertito tantissimo a scriverlo e portarlo in giro. Poi è scoppiato il caos del Covid e si è fermato tutto. Mi è rimasto un po’ in gola. E siccome scrivere mi piace molto e mi dà soddisfazione voglio continuare e ho 3 progetti che stanno camminando e conto portarli a termine».

«L’immagine della bomba al fosforo non è contestualizzata» distinguere informazione e propaganda con il giornalista RAI Caggiano. L’importanza del fiuto e del dubbio da verificare sempre, come cifra di un lavoro professionale sempre orientato alla ricerca del vero.

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