L’Economia vista dai mercati: sorprese e conferme

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Si è chiuso il primo trimestre 2017, con un’immagine di ordine sparso sui principali mercati azionari, al palo/ribassista Wall street, in risalita di medio/lungo le borse europee, alcuni mercati su livelli target, altri con un certo margine di salita rispetto ai target.

Ma esiste un filo rosso conduttore, che spieghi anche alcune stranezze statistiche, come il disallineamento tra Europa ed USA, e un nostrano ftse mib, che pare aver recuperato non poca forza relativa?

Ebbene, questo filo rosso conduttore esiste, e si chiama curva dei rendimenti.

Questo indicatore altro non è che una curva che unisce le diverse scadenze dei titoli di stato, indicando per ognuna di esse il rendimento implicito nelle quotazioni.

Naturalmente, maggiore è la quotazione di un titolo, minore sarà il rendimento, e viceversa.

Ma a cosa serve la curva dei tassi, o curva dei rendimenti?

Si è soliti affermare che sui mercati vi sia qualcuno che ha sempre e solo ragione, e questo qualcuno sono i mercati stessi.

In tal senso, la curva dei rendimenti esprime la visione che i mercati stessi hanno dell’economia di un paese, indicando previsioni di recesso, di espansione, di stagnazione, e tali indicazioni hanno spesso un ruolo determinante per le sorti di medio e lungo termine degli stessi mercati finanziari.

Qualche analista ha, negli ultimi tempi, messo un po’ in dubbio la valenza di tale indicatore, a fronte di effetti, ritenuti distorsivi sull’indicatore stesso, dovuti alle manovre di politica monetaria espansiva delle banche centrali.

Tuttavia, l’indicatore ha continuato a svolgere il suo ruolo, come dimostrano le indicazioni della curva ed il trend dei mercati.

Ma, appunto, quali conferme e quali sorprese provengono dalla curva dei rendimenti, e quale l’impatto sui trend azionari?

Per analizzare appropriatamente il significato della curva, un aspetto fondamentale è lo spread, cioè la differenza di rendimento, tra le scadenze a 5 ed a 30 anni dei titoli di stato dei diversi paesi. Economia prevista in crescita, con spread positivo superiore al punto percentuale, stagnante o in fase di rallentamento sotto o attorno all’1 per cento, ovviamente in recessione con spread negativo.

Poi ci sarebbero altre caratteristiche della curva, da osservare su altre scadenze, ma non mi dilungo, andando ad osservarle nei singoli paesi esaminati.

Andiamo ad esaminare come stanno le cose.

Tra le sorprese spicca l’Italia, con uno spread positivo oltre il 2 per cento sulle scadenze 5/30 anni, e, guarda caso, la borsa italiana nell’ultimo periodo è stata tra le migliori.

Ma come sta la Germania?

Secondo la curva dei rendimenti, è messa peggio dell’Italia, con una curva a breve sostanzialmente piatta, ed uno spread 5/30 anni inferiore a quello italiano, intorno al punto e mezzo percentuale.

Un’altra sorpresa, per chi pensava ad una Germania solo e sempre in grado di battere gli altri paesi in termini di statistiche economiche.

Non desta sorprese, invece, la situazione greca, con una curva ribassista di medio e lungo, che spesso indica la situazione di emittenti in probabile default, ed infatti, chi pensa ad investire oggi sulla Grecia?

Ma se il fronte europeo presenta qualche piacevole sorpresa per noi italiani, abbiamo pure qualche spiegazione del perché le borse americane stiano un po’ tirando il fiato.

Ovviamente esistono anche elementi tecnici, per spiegare tale situazione, come le barre target di magic box settato di medio/lungo, ma anche la curva dei tassi dice la sua.

Non a caso, nonostante lo sbandierato iperottimismo postrumpiano di alcuni osservatori, cosa pensano effettivamente i mercati dell’economia e stelle e strisce?

Lo spread sulle scadenze a 5 e 30 anni è di circa un punto, ed in diminuzione rispetto ad un anno fa, quindi le prospettive dell’economia non paiono particolarmente brillanti, e questo può in parte spiegare il trend di mercato.

Sicuramente migliore, invece, la curva canadese, con uno spread superiore al punto percentuale.

Ma il Giappone?

Le prospettive non paiono brillanti, anzi.

Curva negativamente inclinata sul breve e medio termine, e spread inferiore all’1 per cento tra i 5 ed i 30 anni.

Anche la Cina non pare brillare: spread inferiore all’1 per cento tra i 5 ed i 30 anni e curva ribassista/stagnante sulla parte a lungo.

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